mascalubbre /maskalùbbrë/ s m (pl.) – #1. - vaiolo  #2. - vaccinazione contro il vaiolo

 

-  «'Ssuntì', ch'à fatte 'ssa crijature che sta 'ccuscì picciuse?»

-  «Eh, Linduccia mè, jurne fa s'à fatte li mascalubbre...»

-   «Uh, core di mamme! Tè 'rraggiune a lamintàrese!».

Così capitava di ascoltare alcuni decenni fa da due signore che affabilmente chiacchieravano sull'uscio di casa.

In effetti li mascalubbre, la vaccinazione antivaiolo, erano proprio fastidiosi.

Fino al 1977 era obbligo di legge sottoporre i bambini alla vaccinazione contro il vaiolo nei primissimi anni di vita. Senza il certificato di avvenuta vaccinazione non si poteva frequentare la scuola. Comprensibile pensando che per millenni il vaiolo ha continuato a mietere vittime con un tasso di mortalità di circa il 30%. E anche quando l'esito non era fatale, il suo passaggio lasciava segni indelebili e terrificanti sull'epidermide dei malcapitati. Era frequente incontrare persone con il volto deturpato dalla butteratura del vaiolo.

Con la scoperta del vaccino, il primo nella storia della medicina, avvenuta nel 1796 e attribuita a Edward Jenner, il male riuscì ad essere messo sotto controllo fino ad essere eradicato negli anni '70 del secolo scorso.

Si diceva del fastidio, ma non si pensi a quello degli attuali vaccini che, al massimo, richiedono una punturina e come conseguenza solo qualche leggero malessere. Tutt’altro.

Pensate un po': il vaccino veniva iniettato attraverso "scarificazione", in altre parole la pelle veniva scorticata in una piccola area del braccio. Si iniettava il virus più o meno attenuato e si attendeva la reazione del fisico, con forte malessere e febbri anche elevate. In funzione della reazione si procedeva dopo qualche settimana alla seconda applicazione. Il risultato erano quelle due cicatrici a bottone presenti sul braccio sinistro di quasi tutti quelli che hanno superato la quarantina.

Il resto potete facilmente trovarlo in tutte le enciclopedie.

Quello che sarà più difficile trovare, invece, è la risposta alla domanda che vi sarete posti: «Va bene, sì, interessante e curioso. Ma perché "li mascalubbre"?». Be', questo è terreno di caccia per la nostra Cantine. Ci siamo messi alla ricerca e abbiamo scoperto aspetti etimologici della faccenda ancora più intriganti. Seguiteci bene.

La malattia sin dall'antichità era chiamata "variola" con etimologia che richiamava la butteratura da essa provocata. Qualche secolo fa, però, in alcune zone del Regno di Napoli, ha cominciato a circolare la denominazione eufemistica di "masche lugubri" ovvero "guance terrificanti" ("masca" indica la guancia nel dialetto campano e in quello abruzzese-molisano più antico): "Hai saputo che Tommasino tiene le masche lugubri?". La trasformazione popolare in "mascalubbre" è piuttosto ovvia e ben si comprende anche come mai il vocabolo guardiese ha solo la forma plurale.

Accadde poi che, con la minore diffusione del morbo a seguito delle campagne di vaccinazione, la popolazione cominciasse ad avere più familiarità con la vaccinazione che con la malattia stessa e si verificò quel fenomeno ben noto per il quale il nome della malattia viene usato per indicarne la cura. Succede, infatti, ancor’oggi di sentire la curiosa espressione: "M'aje fatte l'appindicite!".

Ma non è finita qui!

Con una successiva estensione di significato, favorita dall'uso del plurale, li mascalubbre sono andati a indicare anche la coppia di cicatrici che ci accompagna sul braccio come un grado militare!

Ultimo aggiornamento ( 30 Aprile 2018)