taccune /takkùnë/ s.m. – "taccone" (formato di pasta)


Ah, che bontà i tacconi! Brodosi al pomodoro o col lardo fritto, con i ceci, con i fagioli e... basta così, altrimenti i succhi gastrici si agitano troppo.

I maccheroni alla chitarra rappresentano la festa ma sagne e tacconi (li taccune), i formati di pasta fresca più antichi e originali della cucina abruzzese, sono piatti da intimo godimento!

Come di consueto ne parliamo per lo strano nome di "taccone" perché ci sono risvolti piuttosto intriganti.

Diciamo subito che non si tratta di un accrescitivo di "tacco" anche se, come vedremo, a questo significato è comunque legato da una relazione curiosa.

Alla voce "taccone", difficilmente si troverà nei più diffusi dizionari l'accezione per noi più comune del formato di pasta (pensate che nel Dizionario curato dal nostro conterraneo prof. Sabatini la voce non è proprio presente!). Viene generalmente presentato il significato di "pezza o toppa per riparare vestiti o calzature" e si evidenzia il suo uso a carattere regionale. Questo significato sembrerebbe dare una spiegazione al mistero del suo nome ma considerando che l'uso regionale cui si fa cenno è limitato al Triveneto e lì li taccune non li mangiano, occorre procedere diversamente. Oggigiorno siamo quindi nella strana situazione in cui i tacconi, come formato di pasta fresca, si possono trovare nelle Marche, in Toscana e in Abruzzo-Molise, tutte regioni in cui il nome non ha altro significato, mentre il termine "taccone" nella forma dialettale "tacon" è presente nel Triveneto con il solo significato di "pezza o toppa".

Il bandolo di questa matassa lo si può trovare in un altro dei significati che molti dizionari riportano ovvero quello antico e non più in uso di "tacco". Infatti, dalla metà dello scorso millennio in tutt'Italia risulta l'uso del termine "taccone" per indicare un pezzo di cuoio impiegato per riparare scarpe o come piccolo rialzo in corrispondenza del tallone. Col tempo il rialzo venne ispessito applicando via via più tacconi sovrapposti fino a costituire quello che da allora si chiamò tacco. È buffo: "tacco" deriva da "taccone" e non viceversa!

Si diffuse così la parola "tacco" mentre il termine "taccone" andò lentamente in disuso tranne che nel Triveneto, con il significato di "toppa", e in poche altre zone d'Italia per indicare un tipo di pasta fresca dalla forma simile ad una toppa. Pensate alla situazione paradossale: davanti ad un piatto di tacconi, un abruzzese saprebbe il suo nome ma non il significato che, invece, un veneto potrebbe subito spiegargli pur non avendo mai visto prima un appetitoso piatto di quella pasta!

Particolare curioso: l'etimologia della parola "taccone" è estremamente incerta. Potrebbe derivare da una radice ignota che ha germogliato in parecchi luoghi d'Europa. In Italia ritroviamo due termini che dovrebbero esserne derivazione, "tacchia" nel dialetto laziale e "tàcquele" nel dialetto abruzzese, entrambi con il significato di tassello di legno. Nell'abruzzese più antico esiste anche l'aggettivo "taccute" che si attribuisce a oggetti di grosso spessore.

Dopo tutti questi discorsi possiamo legittimamente rivendicare i tacconi come piatto abruzzese-molisano. Altrove la denominazione di "tacconi" viene alternata con quella di "maltagliati" e l'aspetto della pasta, come pure la sua preparazione, è a volte piuttosto diverso. In Lucchesia e zone limitrofe si parla di tacconi ma, a seconda della località o addirittura del ristoratore che li propone, ci si riferisce a pasta fresca all’uovo tagliata a quadroni, spesso anche a rettangoli piuttosto grandi fino ad arrivare a un abominevole formato simile alle pappardelle! Nel territorio più settentrionale delle Marche questa forma oltremodo allungata risulta pure accompagnata da una preparazione con una parte di farina di fave o di mais. Mah!

Concludiamo con una precisazione opportuna: i tacconi che siamo abituati a mangiare, quadrati o a losanga, hanno un lato di circa 2 cm e sono da chiamare "taccuncille" (o "taccunille" in una forma più chic) perché i veri tacconi sono quelli più grandi che si preparano con condimenti asciutti e si mangiano con la forchetta. I formati più piccoli, invece, rientrano già nella famiglia dei "quadrettini" o, meglio, "quatrittine", da consumarsi esclusivamente in brodo.

Ultimo aggiornamento ( 30 Dicembre 2015)