/rùvë/ s f – vicolo

 

A tutti quelli che da ragazzi si sono avvicinati alla lingua francese è capitato di scherzare sulle strade dei nostri cugini d'oltralpe, assai anguste se le chiamano "rue".

Poi, passata la stagione dell'ilarità ingenua, si è andato formando il convincimento che si tratti di uno dei tanti vocaboli dialettali guardiesi presi a prestito dalla lingua francese.

E no! Errore madornale sarebbe riconoscere, a riguardo, una qualsiasi primogenitura alla lingua transalpina.

La storia di questo vocabolo guardiese costituisce di per sé una chiara smentita. Ripercorriamola.

Premettiamo che "rue", per motivi etimologici, costituisce una forma ricercata nel dialetto guardiese. Più diffusa è la forma tradizionale "ruve" in cui è presente un inserimento che ne facilita la pronuncia. La forma tradizionale è quella che dà origine al diminutivo "ruville".

Tutto ha origine dal latino classico "ruga", indicante una ruga o una crepa, che già nel primo millennio cominciò a coesistere con la variante "rua" e, probabilmente, ad estendere il suo significato a solco. Entrambe le versioni sono poi trasmigrate nell'italiano antico a indicare, per analogia a "solco", una strada stretta, fiancheggiata da fabbricati. Stiamo quindi parlando di un vero e proprio vicolo cittadino.

Tra i moderni dizionari solo alcuni riportano "ruga" con questo antico significato e tra essi spicca il Gabrielli. Il Vocabolario della Treccani riporta addirittura la variante "rua". Suscita meraviglia, invece, che nulla risulti nel Sabatini-Colletti, specie considerando che Francesco Sabatini è nostro conterraneo. Ma questo non ci indurrà ad esserne meno fieri.

Orbene, la forma "rua" è passata immutata nello spagnolo e nel portoghese moderni mentre, nel francese, ha subìto il piccolo cambiamento in "rue". Da notare che in tutte queste trasmigrazioni è andato perduto il collegamento alla dimensione angusta della strada, caratteristica ben presente quando a Guardiagrele si parla di rue.

Al di fuori dell'Abruzzo non risultano tracce di un vocabolo simile nei dialetti moderni. Esistono, tuttavia, significative presenze nella toponomastica ufficiale di varie città. A Venezia molte "callette" sono chiamate "rughe" e ad Ascoli Piceno un quartiere è pressoché interamente percorso da "rue". Ci sono presenze di "rue" anche tra le strade centrali di Modena e Napoli.

A Guardiagrele invece...

Ebbene sì, nel luogo dove solo un estremo snobismo può indurre all'uso della parola vìcule, dove si abita e si circola nelle ruve, abbiamo voluto omologarci introducendo nella toponomastica i "vicoli". Eppure fino ad alcuni lustri addietro i vicoli erano indicati con il solo numero progressivo. Poi, encomiabilmente, fu deciso di identificarli con denominazioni tradizionali ma la modifica ha riguardato le intitolazioni, non la denominazione tipologica. Purtroppo l'ignoranza circa l'esistenza della parola italiana "rua" non ha consentito di avere, ad esempio, "rua di Michelino". La denominazione ufficiale di "vicolo Michelino" si dimostra, a confronto, alquanto scialba.

Carità di patria guardiese vorrebbe che fosse sottaciuto il caso della "Rua Dotta", ma non vogliamo essere medici pietosi. Allora, parliamone e pensiamo a quell'amministratore o tecnico comunale che, mancandogli il coraggio di decidere per "vicolo Dotta", francamente privo di significato, decise per l'obbrobrioso "vicolo Rua Dotta" che fa mostra di sé nella targa stradale lì apposta.

Ebbene, esiste un vero guardiese capace di dire, anche esprimendosi in italiano, che per andare all'ufficio postale ha percorso il "vicolo Rua Dotta"? «Ma mi faccia il piacere!» avrebbe esclamato l'inarrivabile Totò. Se esiste un tal guardiese di certo è quello che ha preso la strampalata decisione.

È troppo chiedere una targa che riporti semplicemente "rua Dotta"? E poi, non sarebbe il caso di estendere la modifica a tutti i vicoli?

Sarebbe bello e, perché no?, anche turisticamente attraente.

Ultimo aggiornamento ( 02 Luglio 2015)