Se dalla bocca di un becero ammiratore del gentil sesso avete ascoltato: "Accidenti, che stacco di coscia!" forse vi sarete chiesti di che stacco si tratti. Il dizionario non è di molto aiuto e quindi sorge il sospetto che l’espressione sia scorretta politicamente e lessicalmente.

Cosa c’entra, allora, lo "stacco di coscia" in relazione ad una bella donna?

Scartando l'ipotesi, da qualcuno avanzata ma non sostanziata, che si tratti di un riferimento ad un taglio di macelleria, non si può far altro che richiamare una tradizionale espressione popolare di ammirazione che, nelle nostre parti, suona come: "Ué, che stacche!" oppure ""Ué, che bella stacche!". Anche in questo caso l'ignoranza del significato di "stacche" ha indotto all'aggiunta della specificazione anatomica. L'assonanza, poi, con "tocco" (pezzo) ha fatto il resto.

A questo punto sveliamo il buffo mistero a quei pochi che ci hanno seguito fin qui. Prima però occorre lodare il loro sforzo di voler colmare una lacuna su conoscenze di questo tipo e rassicurarli che la colpa è imputabile solo all'impoverimento diffuso del vocabolario personale di quanti parlano dialetto. Purtroppo col tempo il dialetto, sotto l'assedio di altre lingue, tende naturalmente a impoverirsi. L'arricchimento si ottiene solo attraverso azioni mirate di contrasto e noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di far qualcosa.

Torniamo a noi e diciamo allora che "stacche" è una puledra d'asina di cui viene sottintesa bellezza e vivacità (il maschio è detto “staccune”) mentre "staccucce" è il puledrino, maschio o femmina, ancora in allattamento o da poco svezzato.

Non meravigli il bizzarro accostamento dell'avvenenza femminile a quella di un'asina. I popoli guerrieri avrebbero fatto riferimento a una cavalla, una giumenta. Per una popolazione contadina il richiamo equino più significativo è quello di una puledra d’asino. D’altronde, la storia antica, quella in cui affondano le nostre radici, ci riferisce dell'alta considerazione in cui il somaro era tenuto, non solo come animale da lavoro. L'asino era la normale cavalcatura dei principi e dei re perché assicurava un'andatura comoda e tranquilla. Solo per le campagne militari si ricorreva al più impegnativo e spesso bizzoso cavallo. Anche oggi i Capi di Stato si muovono in comode berline e non in vetture sportive per quanto di alta gamma.

Quindi, “na bella stacche jè meje di na bella jumintole”!

Ultimo aggiornamento ( 20 Maggio 2020)