Sarà perché abbiamo una certa fissazione per il nostro dialetto ma tutte le volte che parliamo tra noi di argomenti — anche stranissimi — vengono fuori curiosità che poi si cerca di soddisfare.

Ebbene, mentre affrontavamo un ricco aperitivo alla nostra Villa Comunale, si sottolineava il fatto che in quel luogo, anche nelle peggiori calure, raramente manca una brezza ristoratrice (noi la chiamiamo arijitte) dalla marina o dalla montagna. Da questo si è passati a notare che a volte, purtroppo, non è una bella arijitta fresche bensì nu garbine sfastugne.

A questo punto è partita una serie di domande che sintetizziamo in due. Un nostro ospite frastire si è meravigliato perché a Guardiagrele si parlava di “garbino”, cosa stranissima a suo parere, mentre chi scrive si è chiesto come mai solo per questo vento afoso si usasse una denominazione specifica.

Qualche giorno dopo sono andato dal nostro “oracolo” del dialetto (donn’Arnalde, lu nutare) per avere un responso. Vi raccontiamo cosa ci ha sorprendentemente illustrato.

Dopo aver premesso uno dei suoi consueti richiami (“Lu vente nin zuffie ma fere” come spiega bene anche Modesto Della Porta: “N’aria nuvelle fere a ‘sti quartire”) ci ha innanzi tutto spiegato l’origine del nome “garbine”.

La denominazione originaria è araba e corrisponde al libeccio, vento caldo da sud-ovest. In molte zone della costa adriatica si parla di “garbino” con questo significato e anche D’Annunzio lo ha fatto (“nuvoli cacciati dal garbino improvviso”) confermando così il detto “nùvele a la muntagne, pije la zappe e va ‘n campagne!”. A Guardiagrele, però, a causa dell’effetto schermante della Maiella, il libeccio è sostanzialmente inesistente. Viceversa, gli Appennini incanalano efficacemente lo scirocco, vento caldo da sud-est che diventa afoso scorrendo sull’Adriatico.

Si capisce che i guardiesi, per tradizione, hanno chiamato “garbine” l’unico vento caldo con cui avevano a che fare: lo scirocco. La ben nota fastidiosità di questo vento ha dato origine all’espressione “sta’ ‘n garbine” che indica uno stato di estrema irritabilità. Altrove si dice “sciroccato” di una persona confusa e stordita. Evidentemente a Guardiagrele gli effetti sono ben peggiori!

Il nostro interlocutore ci ha poi stupito con una rivelazione. Sentite un po’:

«Per la conformazione del territorio a Guardiagrele non può esistere una rosa dei venti come normalmente la si intende. La rosa è nata presso i naviganti del Mediterraneo che avevano tutte le direzioni aperte. Noi, invece, abbiamo effettivamente solo due direzioni principali possibili e quindi più che di rosa dovremmo parlare di quei rari fiori con soli due petali come in una specie di euforbia, la “Spina di Cristo”. Sì, “l’euforbia dei venti” guardiesi.»

Lu nutare ha poi continuato:

«L’altro vento importante arriva da nord e non è altro che la “bora”! O meglio, il “borea”, freddo vento secco da settentrione chiamato anticamente al femminile, che nell’alto Adriatico viene comunemente chiamato “bora”. Dovete sapere che dalle nostre parti, vista la sua importanza, non siamo stati da meno e la sua denominazione nel dialetto tradizionale è “vorie”. Questo termine, che tu stai pensando di mia invenzione, è attestato nel Glossario di Emidio Vitacolonna come denominazione generica di vento ma, sarai d’accordo, nessuno lo userebbe per indicare lu garbine e, d’altronde, la sua etimologia è lampante. Eh, sì! Noi abbiamo la vorie e nessuno o quasi se ne ricorda più!»

La vorie, la bora: l’altro petalo dell’euforbia dei venti guardiese.

Ultimo aggiornamento ( 24 Maggio 2017)