Una popolosa e antica contrada con parrocchia dedicata a un importante papa, san Silvestro, ma che festeggia come patroni un santo straniero e abbastanza più moderno, san Vincenzo Ferrer, insieme a una Madonna dalla bizzarra attribuzione, Madonna del Freno. Come mai tutto questo?

Ce lo spiegano Lucio Cuomo e Lucio Taraborrelli in un loro recente libro, denso ma agile, che dovrebbe essere presente almeno in ogni casa della località trattata.

Ma attenzione a non andare troppo nel dettaglio nell’accattivante carta topografica riprodotta in copertina! Potreste perdere inutilmente tempo per cercare di spiegarvi alcune indicazioni fondamentali che, però, sono semplicemente e inesorabilmente errate.

 

Quando eravamo ragazzi, finite le feste patronali agostane e superato il Ferragosto, in centro a Guardiagrele apparivano i manifesti che annunciavano i festeggiamenti nella contrada di Villa San Vincenzo in onore di san Vincenzo Ferreri e della Madonna del Freno.

La rivalità storica tra la contrada e il centro cittadino in quelle settimane estive si accentuava perché i rispettivi cittadini erano molto restii a tirar fuori le offerte per le feste dell’altro centro. In fondo, però, non si trattava tanto di una particolare antipatia ma del fatto che le feste erano ravvicinate nel tempo e quindi l’esborso avveniva nello stesso periodo mentre la distanza tra centro storico e contrada non favoriva una reciprocità delle presenze.

Insomma, in centro non si faceva altro che ascoltare scontate battute sui sanvincenzesi che si affidavano a “lu Sante ‘nchi lu pipidinie a la cocce” e a “la Madonne di la Frizzione” (o “di l’Accelleratore”).

Le ironie sui festeggiamenti a un santo come Vincenzo Ferrer (italianizzato in Ferreri) non erano molto insistite, anche perché tutti sapevano della devozione all’immagine conservata presso la chiesa della Madonna del Rosario nella parte antica del centro storico, tuttavia una Madonna del Freno, con questa curiosa specificazione assolutamente originale, risultava assai stimolante. A questo si aggiungeva anche che amici e compagni di scuola abitanti di Villa San Vincenzo non erano in grado di fornirci spiegazioni convincenti. La curiosità si è protratta quindi per molti decenni ma finalmente, poche settimane fa, siamo riusciti a soddisfarla.

La recente uscita del libro «Guardiagrele – Da Santa Maria di Frena a San Silvestro Papa», opera di Lucio Cuomo e Lucio Taraborrelli, è stata un’occasione da non lasciarsi sfuggire. Abbiamo divorato il testo con avidità e ci complimentiamo con gli autori per la notevole mole di informazioni che sono riusciti a reperire e a organizzare relativamente ad un edificio sacro la cui importanza è stata colpevolmente trascurata addirittura per secoli.

Abbiamo così avuto modo di scoprire che la storia della popolosa frazione di Villa San Vincenzo coincide quasi integralmente con quella della sua attuale chiesa parrocchiale intitolata a san Silvestro papa, divenuta tale solo il 20 ottobre 1944 acquisendo il titolo della parrocchia in centro, soppressa dopo la distruzione causata dagli eventi bellici.

L’acquisizione del titolo non è stata, purtroppo, un motivo sufficiente al papa santo per entrare nei favori degli abitanti della contrada che hanno continuato a festeggiare il precedente titolare della chiesa, san Vincenzo Ferreri, il quale da un secolo aveva sostituito la plurisecolare denominazione di Santa Maria de Frena.

Non si conosce il motivo preciso del subentro del santo spagnolo ma, tra le ipotesi formulate dagli autori del libro, ci convince maggiormente quella che coinvolge la famiglia guardiese dei Ferrari (“li Firrere”), proprietaria dei terreni nell’area in cui sorge l’edificio di culto. Per fare un dispetto alle gerarchie ecclesiastiche con le quali si contendeva da decenni il patronato sulla chiesa, non risultò certo difficile per i Ferrari promuovere presso i coloni la devozione a un santo molto popolare in quel tempo invece che a una Madonna dalla buffa specificazione.

Volendo tornare ancora più indietro nel tempo le cose di certo non si semplificano perché si hanno solo sporadiche menzioni di una chiesetta rurale dedicata alla Madonna lungo quel tratto di percorso tratturale in una zona indicata con denominazione abbastanza instabile e variabile tra Freno, Frena, Frane o Frana. Da parte nostra, per quanto si riesce a comprendere, ci sembra più appropriata una denominazione che in italiano attuale corrisponderebbe semplicemente a Frana e questo in considerazione delle caratteristiche del terreno in entrambi i versanti del crinale su cui sorge la chiesa. A nostro sommesso parere, Santa Maria di Frana renderebbe bene l’idea e farebbe pulizia di tante o troppe interpretazioni fantasiose. La denominazione popolare di «Madonna del Freno» potrebbe banalmente derivare dall’uso dialettale di aggiungere l’articolo al nome di molte località, come, ad esempio, “la Lame” per indicare Lama (dei Peligni), avente tra l’altro un significato simile.

Ad ogni modo, per concludere, non possiamo esimerci dal segnalare l’insidiosa trappola in cui sono incappati i curatori dell’edizione dell’opera. Non stiamo parlando del contenuto e quindi non ci riferiamo agli autori né, d’altronde, ci interessa identificare i responsabili. Ci riferiamo all’avventata scelta della copertina che mostra un estratto dell’«Atlante Geografico del Regno di Napoli», importante lavoro di Giovanni Antonio Rizzi Zannoni stampato nel 1808. Si tratterebbe, per quanto sappiamo, dell’unica carta che riporta il toponimo di cui si parla nell’opera di Cuomo e Taraborrelli e l’estratto di copertina è ovviamente incentrato su «Santa Maria in Freno».

Nell’immagine, purtroppo, si riscontrano due fondamentali imprecisioni che nel corso della lettura rischiano di rendere difficoltosa la collocazione storica e geografica della chiesetta in argomento.

Innanzi tutto c’è da dire che la carta riprodotta non corrisponde ad una copia diretta dell’originale bensì una copia che è stata purtroppo manomessa in epoca successiva per aggiungere a mano i tracciati relativi a nuove strade realizzate o in progetto. Poiché della carta di Rizzi Zannoni sono disponibili copie «pulite», non ci sembra opportuno riprodurre un esemplare con interventi volutamente evidenziati in rosso per finalità specifiche e che producono il risultato di sviare l’attenzione del lettore verso aspetti che non riguardano lo scopo del prodotto editoriale.

Più importante, e conseguentemente più grave, è l’errore contenuto nella stessa carta originale di Rizzi Zannoni. Probabilmente di sviste ce ne potrebbero essere più di una perché stiamo parlando delle prime carte topografiche sufficientemente particolareggiate, tuttavia un errore madornale riguarda, ahinoi, proprio Santa Maria in Freno (così è riportata sulla carta). Ebbene: il cartografo ha scambiato tra loro le diciture di S. Maria in Freno e di Colle S. Biagio (altura su cui sorge attualmente la frazione di S. Biase) e questa svista ha trascinato con sé altre inesattezze.

Essendo la chiesa collocata lungo il braccio tratturale Filetto - S. Eusanio d. S., anche il percorso del tratturo tra Melone e S. Eusanio viene spostato più a sud! E qui possiamo immaginare l’imbarazzo di chi ha disegnato il tracciato in rosso per evidenziare il collegamento realizzato tra Melone – Colle Spedale e Sant’Eusanio ritrovandosi a sovrapporlo ad un percorso tratturale mai esistito.

Insomma, sembra proprio il caso di rivedere la scelta della copertina del libro in occasione di una futura riedizione che sinceramente auguriamo agli autori.

Ultimo aggiornamento ( 24 Settembre 2022)