Il mese di Maggio continua ad essere identificato con quello in cui la natura esplode in tutta la sua bellezza. Il verde e i fiori da ammirare nel tepore delle prime giornate che anticipano l’estate. Anche per gran parte degli artigiani e dei commercianti con maggio si ripartiva a pieno regime potendo riprendere tutte le attività all’aperto. Nel nuovo clima trovavano motivo le feste propiziatorie quali Calendimaggio e Maggiolate.

Ma non per tutti era così. Per i contadini maggio era il mese in cui si appalesava lo spettro della fame! Le scorte alimentari costituite principalmente da farine e legumi erano terminate o in via d’esaurimento. La campagna cominciava a fornire i primi prodotti ma si trattava di fave, piselli ed erba sulla (“lampalupine”), buoni, ma solo per il gusto e per il riempimento dello stomaco.

Quando pensiamo al «lessame», piatto a base di rimanenze (“la lissagne” nel Chietino; “li virtù” nel Teramano e “ju granato” nell’aquilano), non si deve pensare ad una festa in cui si butta via la roba vecchia; il più delle volte era il piatto della disperazione in attesa dei nuovi raccolti.

Tutto questo dava luogo nella tradizione contadina alla percezione di una ripida e faticosa erta (“la coste di Magge”) da scalare prima dello scollinamento di giugno.

Ultimo aggiornamento ( 25 Settembre 2022)