Certamente l’associazione tra la data e i brillanti è ancora abbastanza nota, specialmente nella versione dialettale (“li quattre brillante”), come vedremo, maggiormente motivata. Purtroppo, con gli anni se ne stanno dimenticando i significati e le origini. Approfittiamo allora di questa occasione per rispolverare l’argomento almeno a favore di quelli che ne sanno poco o niente.
Le tradizioni popolari ci parlano dei primi giorni di aprile come di un affascinante spettacolo che vede protagonista una natura prorompente la quale, contro ogni possibile invidia, arriva a sfiorare l’arroganza. In riferimento a questo periodo, in molte zone italiane della fascia centrale, si sente ripetere il proverbio «Quattro brillanti, giorni quaranta». La spiegazione che ne viene data afferma che, se il 4 di aprile piove, la pioggia non ci lascerà per quaranta giorni. Per il periodo, le precipitazioni sono una benedizione per le colture, ancor più se si protraggono anche a maggio (“Jè n’acque di magge!”). Conviene, però, analizzare meglio come si lega la spiegazione all’espressione del proverbio perché, come si vedrà, le implicazioni sono un po’ più complesse.
In effetti, il proverbio, in origine strettamente dialettale, nella sua forma italianizzata più nota risulta abbastanza fuorviante.
Nel dialetto delle nostre parti - uno dei tanti che possiamo usare a scopo illustrativo - si diceva in origine “Quattre brilante, jurne quarante!” in cui il termine “brilante” non ha nulla a che vedere con il sostantivo “brillante”, ma è un aggettivo, forse coniato appositamente per il proverbio derivandolo da «aprile» che, nel dialetto classico, era chiamato “'bbrile”. Qualcosa di simile era accaduto anche a “marze” che aveva dato origine a “marzija’”, «marzeggiare», nel senso di «fare il matto», «essere imprevedibili». Dunque, “brilante” sarebbe da trascrivere con «aprilante», aggettivo risultante dal participio di «aprilare», un verbo di nuovo conio con il significato di comportarsi da aprile. Il proverbio sarebbe, quindi, «Quattro aprilante, giorni quaranta» ovvero, se il quattro del mese si comporta da vero aprile (anche piovendo), il tempo si è stabilizzato e si comporterà da aprile per quaranta giorni arrivando fino a metà maggio.
Il motivo per cui sia stato indicato esattamente il quarto giorno risiede in un antico racconto che riguarda i cosiddetti «giorni prestati».
La tradizione popolare ricorda la storia di un pastore che, illuso dal tepore dei primi giorni di primavera, anticipò l’uscita del gregge verso i pascoli montani. Marzo interpretò quel comportamento come un’offesa personale e per dimostrare che con lui, per quanto pazzerello, non si doveva scherzare, organizzò la sua vendetta chiedendo ed ottenendo dall’amico vicino Aprile tre giorni in prestito in modo che, per sei giorni, a partire dal 29 del mese, fece arrivare un freddo polare che sterminò il gregge dello sventato pastore appena arrivato in altura.
Questa storia rappresenta la giustificazione favolistica della diffusa convinzione secondo la quale fino al 3 di aprile non ci si può fidare della primavera che risulta ancora piuttosto «marzolina». Meglio aspettare il 4 di aprile per vedere com’è la situazione e verificare se il tempo è effettivamente da aprile, con quella piacevole temperatura tra il «freddolino» e il «caldino», magari con pioggia ma non neve. In quel caso la primavera sarà veramente arrivata e quindi, secondo la versione più tradizionale ed estesa del proverbio che considera più direttamente la situazione piovosa con diverse intensità:
Li quattre brillante, jurne quarante; si si n’addune la cummare, piove n’âtra sittimane; si si n’addune li parinte ni piove n’âtre e vinte.
Ultimo aggiornamento ( 03 Aprile 2025)