Dalla notte dei tempi il primo giorno di maggio (calende di maggio) è stato un giorno di celebrazioni in tutta l’area celtica influenzando, quindi, tutto il territorio europeo.

Nell’antica Roma il primo giorno di maggio era quello centrale dei cinque dedicati alla dea Flora per celebrare il trionfo della Primavera sull’Inverno.

Con la caduta dell’Impero Romano le feste di origine celtica arrivarono subito a prenderne il posto, in particolare nell’area centrale della nostra penisola, con tradizioni provenienti dall’area padana o balcanica.

Le celebrazioni si incentravano, con modalità diverse, intorno a un albero che simboleggiava la fertilità. I rituali assumevano spesso toni orgiastici che la Chiesa non vedeva di buon occhio provando più volte, nel corso dei secoli, a sostituirle con celebrazioni cristiane. Con la Controriforma l’operazione arrivò al successo e maggio divenne così il mese dedicato alla Madonna.

Oggigiorno solo nelle regioni dell’Appennino settentrionale sono rimasti segni di questi antichi riti dopo che sono stati ravvivati nella prima parte del secolo scorso per motivi storici e folkloristici.

 

A proposito di...

... “Lissame

Per il giorno di Calendimaggio, il primo del mese di maggio, la tradizione abruzzese prevedeva la preparazione del lissame, una minestra preparata con le rimanenze delle dispense, soprattutto legumi, proprio nel periodo in cui cominciano ad essere disponibili i prodotti freschi.

Gennaro Finamore, nel suo Vocabolario dell’Uso Abruzzese, descrive il lissame come «minestra fatta di nove specie di legumi e cereali insieme uniti, che i contadini cuociono e i poveri vanno accattando nel primo dì di maggio. [...] Forse, consumando i seccumi, per dar segno che i nuovi prodotti sono vicini a prenderne il luogo, ed è ricordanza di un rito antico». Il Finamore aggiunge un’importante annotazione: la minestra era chiamata “la Lissagne” a Guardiagrele, “li Virtù” a Teramo e “ju Granato” a L’Aquila. Questa nota ci permette, quindi, di identificare tre centri di riferimento per la storica pietanza.

Infatti, per quello che ci riguarda direttamente, si segnala che Emidio Vitacolonna nel suo Glossario di dialetto guardiese, riporta che «il primo maggio era usanza mangiare la lessagne, un insieme di legumi vari lessi: ceci, lenticchie, fagioli, conditi con olio».

Risulta, in definitiva, che “lissame” è il nome tradizionale di questa preparazione che, per ovvi motivi, non può prevedere una ricetta dettagliata ma risponde solamente ad una filosofia di gestione delle risorse alimentari tornata d’attualità in questi anni.

Preparare il lissame rispondeva anche a motivi devozionali come manifestazione di affidamento alla Divina Provvidenza nella quale si confida per un pronto rifornimento delle dispense vuote. Di questo è un indizio la presenza del numero 3 e del 9 (ossia 3x3) nei requisiti di base della mescolanza che, nelle diverse versioni, si riferiscono alle specie di legumi, ai tipi di cereali e alle erbe odorose.

Nell’area chietina il lissame o, meglio, la lissagne, si è arricchita di ingredienti caratteristici come conseguenza della specificità del territorio. Infatti, la presenza di importanti pastifici industriali ha reso disponibili rimanenze di pasta varia, specialmente quella rotta o difettosa, sia presso le fabbriche sia nelle dispense domestiche che venivano rifornite con pasta venduta sfusa. Sarebbe stato imperdonabile trattare queste rimanenze come scarti.

Questo misto, commercializzato come “trinciatille”, veniva chiamato a Guardiagrele “li richjamate”, assimilandoli ai militari «richiamati» alle armi in caso di guerra, soldati che l’arguzia popolare stigmatizzava come portatori di lievi difetti conseguenze dell’età o di invalidità.

La nostra lissagne si è, pertanto, evoluta rispetto al classico lissame ed è ricordata anche per la presenza di nove tipi diversi di pasta industriale.

Ultimo aggiornamento ( 29 Luglio 2024)