Pietro Angeleri, in religione Pietro di Morrone e, per qualche mese, papa Celestino V, in vita fu una personalità controversa e dopo la sua morte continuò ad esserlo fino ai giorni nostri.

Pochi lo conoscevano quando venne eletto papa, neanche tanti tra quelli che lo elessero in un conclave a Perugia nel 1294. Potrebbe quasi sembrare che lo elessero per dispetto, dopo che aveva inviato loro una lettera con una reprimenda circa i due anni trascorsi senza esprimere una scelta.

Nato probabilmente nel 1214 a Isernia o nella vicina Sant’Angelo Limosano, era il penultimo dei dodici figli di umili contadini.

Studiò per diventare sacerdote e dopo l’ordinazione manifestò la preferenza per la vita eremitica. Si rifugiò sul Morrone dalle parti di Sulmona e la sua fama di bontà - con voci di miracoli - lo allontanavano sempre più dalla agognata solitudine. Cominciò a spostarsi per cercare di riguadagnare la tranquillità e corrispondentemente fondava comunità monastiche che, successivamente organizzò come Fratelli dello Spirito Santo (ma tutti li chiamavano “Celestini”, venuti dal cielo).

Aveva ormai ottant’anni nel 1294 quando dalla Maiella inviò la lettera ai cardinali riuniti nel conclave che lo avrebbe eletto papa. Gli emissari con la nomina fecero gran fatica a ottenere la sua accettazione che venne alla fine accordata con la condizione, tra le altre, che l’incoronazione avvenisse presso la chiesa di Collemaggio, a L’Aquila, fatta costruire poco tempo prima dallo stesso santo eremita.

Tuttavia, la sua semplicità contrastava troppo con il clima che avvolgeva il papa e la sua sede. Celestino V rassegnò le dimissioni dopo pochi mesi con l’intenzione di tornare al suo eremitaggio. Il successore, papa Bonifacio VIII, non si fidava dei propri avversari politici che avrebbero potuto ricollocare Celestino al Sacro Soglio e decise di rinchiuderlo in un castello a Fumone (Frosinone). In quel luogo il Santo si spense nel 1296.

Cosa dire dell’episodio che lo rese famoso, “il gran rifiuto” fatto, secondo Dante, “per viltade”? Che il grande poeta, da tutti ritenuto un buon cattolico, non dimostra una gran fiducia nel Divina Provvidenza collocando Celestino nell’Inferno della sua Commedia dopo l’avvenuta canonizzazione del 1313.

Eppure la Chiesa ha ricevuto il potere di «sciogliere e legare» su questa terra e l’intervento divino è notorio al momento della scelta del successore di Pietro. Poteva la Provvidenza essersi distratta al momento della nomina di Celestino V e poi del suo avversario Bonifacio VIII? Certamente no. C’è solo che il Disegno resta spesso imperscrutabile. Di questo Disegno fa certamente parte la “Perdonanza” l’atto che Celestino ebbe tempo di emanare e che ebbe seguito già con Bonifacio VIII che istituì gli anni giubilari.

 

Un cero per il santo

Tutti i guardiesi che minimamente si guardano attorno sanno della presenza dell’antica porta del monastero di San Pietro dei Celestini in via Modesto Della Porta.

Nell’area del monastero era stata eretta una cappella dedicata alla Madonna del Carmine che ha poi originato l’attuale chiesa dopo la chiusura del monastero celestiniano.

Da questo legame scaturisce la presenza in quella chiesa di un suggestivo dipinto rappresentante san Celestino V.

Ultimo aggiornamento ( 10 Settembre 2024)