Il nome di questo martire del III sec. era Reprobo ed era un gigantesco guerriero di origine cananea.
Non ci sono notizie certe della sua esistenza ma essa è stata confermata attraverso molte testimonianze indirette.
Sulla sua vita esistono solo leggende ma una in particolare si è diffusa nel mondo occidentale. Secondo questa, Reprobo abbandonò a un certo punto il servizio presso il suo re per cercare quello più potente della terra e mettersi al suo servizio.
Girò molto e quando pensò di averlo trovato, con la sua corporatura, non gli fu difficile essere accettato a corte. Reprobo restò al suo servizio fino a quando scoprì che il sovrano aveva un estremo timore del diavolo e faceva strani gesti (era il segno di croce) al solo sentirlo nominare. Capì che il diavolo era più potente del suo sovrano e così se ne partì alla sua ricerca.
Dopo qualche tempo si imbatté in Satana e si aggregò alla sua schiera. Anche lì, però, cominciò ad avere dei dubbi perché si accorse che quello fuggiva terrorizzato davanti ad una qualsiasi croce. Dopo qualche insistenza riuscì a fargli confessare che quel segno rappresentava un uomo, il Cristo, messo in croce molti anni prima. Ancora una volta Reprobo lasciò il suo sovrano alla ricerca di questo Cristo.
Peregrinò molto prima di incontrare un santo eremita che gli parlò di Cristo. Davanti alla pressante richiesta di indicazioni per poterlo incontrare, il sant’uomo gli suggerì di stabilirsi presso un pericoloso attraversamento di fiume posto poco distante. Lì, con la sua mole, avrebbe potuto garantire un passaggio sicuro ai viandanti salvando molte vite. Cristo sarebbe stato molto felice di questo e certamente si sarebbe recato da lui per ringraziarlo della sua opera. Così fece.
Un giorno si sentì chiamare dalla voce di un bimbo fuori della sua capanna. Solo alla sua terza uscita lo vide. Il piccolo lo pregò di portarlo sull’altra sponda.
Reprobo si preparò all’operazione senza particolare impegno, visto il carico esiguo, tuttavia, per abitudine, prese comunque con sé il robusto tronco d’albero che usava come bastone durante l’attraversamento. Fece bene perché durante il passaggio il peso del trasportato aumentava velocemente, tanto che solo con molte difficoltà riuscirono a raggiungere la riva.
Reprobo, stremato, manifestò la sua meraviglia: «Mi è sembrato di portare il mondo intero!». E il bimbo replicò: «Non solo! Anche colui che l’ha creato! A conferma di questo ti chiedo di piantare il tuo bastone vicino alla tua capanna e di attendere domattina». In effetti, l’indomani, il bastone si presentò carico di rami di palma e datteri.
Dopo quell’episodio decise di battezzarsi mutando il suo nome in Cristoforo, cioè portatore di Cristo, e iniziando un’intensa opera di apostolato che portò avanti all’interno delle legioni romane nelle quali si arruolò. Era il periodo delle persecuzioni di Decio e Cristoforo non riuscì ad evitare denuncia e carcere. Il giudice cercò di piegarlo in tutti i modi anche facendogli arrivare due prostitute in cella, Niceta e Aquilina. Finirono convertite e martiri ricordate il giorno precedente a quello di Cristoforo.
Il re lo fece sottoporre al supplizio delle verghe e, poiché sopravvisse, ordinò di passare all’esecuzione mediante frecce. Nessun risultato perché le frecce si fermarono in aria, tranne una che tornò indietro per colpire il re a un occhio. Passarono, quindi, a una più sbrigativa decapitazione.
Prima di morire, Cristoforo spiegò al re che avrebbe riacquistato la vista bagnandosi con il suo sangue al termine del supplizio. Così fece e anche il re finì convertito.
Gli estesi patronati
La devozione al santo ebbe notevole diffusione nel corso del Medio Evo e si sviluppò soprattutto a partire dai suoi patronati riguardanti i viaggi.
In un’epoca in cui qualsiasi viaggio era ad alto rischio e spesso si riteneva opportuno stilare le ultime volontà prima di partire, la protezione di san Cristoforo che aveva reso sicuro il percorso al Cristo tornava particolarmente utile. Che il viaggio fosse breve (all’interno del centro abitato) o lungo (una tappa di un pellegrinaggio) ci si raccomandava a san Cristoforo. Anzi, più precisamente, si diceva che, uscendo di casa, una preghiera rivolta al santo garantiva salute e sicurezza per tutto il giorno. Questo è il motivo per cui si realizzavano grandi immagini facilmente visibili dai punti di passaggio più frequentati.
Un equivalente più moderno della stessa pia devozione lo si ritrovava nelle piccole immagini del santo applicate sui cruscotti delle macchine qualche tempo fa e meno frequentemente oggi.
In base allo stesso episodio della leggenda, san Cristoforo era considerato patrono, come fosse un collega, anche da tutti gli addetti al trasporto di persone o cose in qualsiasi modalità: autisti, traghettatori, portantini, facchini, scaricatori, personale di bordo in navi o aerei, postiglioni, corrieri, e addetti postali in genere.
La protezione durante il viaggio comprendeva quella contro il maltempo e i contagi. Il santo proteggeva contro la peste ben prima dell’avvento di san Rocco.
Per la sua prestanza fisica è stato considerato patrono dagli atleti. Per l’episodio del tronco con fiori e frutti è divenuto protettore di giardinieri e fruttivendoli. Per la guarigione all’occhio del sovrano san Cristoforo è anche protettore e intercessore per qualsiasi problema agli occhi.
Un cero per il Santo
Ecco, a Guardiagrele, come in molti altri luoghi c’è una questione paradossale: non ci sono luoghi di culto dedicati a san Cristoforo, eppure, come si fa a non tenere conto della sua grandiosa immagine nel lato sud del Duomo?
La grande opera (certamente per dimensioni) realizzata nel XV secolo da Andrea De Litio non è stata pensata per avere fiori o ceri ai suoi piedi ed è meglio che si continui in tal senso per preservarne l’integrità già in parte compromessa. Come si è detto, la sua funzione principale era quella di consentire a tutti quelli che passavano di lì di rivolgere almeno un cenno di preghiera al santo. Tuttavia, le sue dimensioni e la sua collocazione precisa fanno intendere che la sua destinazione, forse la più importante, fossero i viandanti che passavano per il Capocroce, circa 70 m più su. All’epoca della sua realizzazione il centro abitato più attivo era quello più antico, tra la porta del Rosario e la congiungente di porta San Giacomo e porta Di Luzio. Lungo questa congiungente si svolgeva la maggior parte del traffico di viaggiatori e merci tra il versante montano e quello marino attraversato dai tratturi.
I passanti del Capocroce potevano chiaramente vedere l’immagine di san Cristoforo, sgombra degli edifici costruiti successivamente lungo il corso Roma (Strada Grande) che tuttora ne impediscono la visione.
Quindi, un cero magari no, ma un pensiero appena si passa da Santa Maria Maggiore non prevede controindicazioni.
Ultimo aggiornamento ( 09 Maggio 2025)