Quando nel nostro territorio parliamo genericamente di un “san Domenico”, quasi certamente non ci si sta riferendo al più famoso dei santi che portano questo nome, san Domenico di Guzman, il fondatore dell’ordine di Predicatori che prende anche il suo nome. Nemmeno a san Domenico Savio, vissuto nel secolo XIX e canonizzato nel secolo seguente: troppo recente per entrare nella nostra tradizione. Si sta parlando, invece, di un san Domenico abate, da non confondere però con quello di Silos, in Spagna, anch’egli abate. Questo santo abate è definito “di Sora” ed effettivamente percorse e abitò le nostre terre finendo per essere particolarmente venerato a Pretoro e Cocullo (AQ) dove è fatto oggetto di caratteristici riti devozionali con l’impiego di serpenti.

Il calendario liturgico fissa la sua memoria al 22 gennaio ma, nel nostro territorio, la sua feste sono collocate in giorni diversi da caso a caso.

Domenico era di origine umbra perché era nato a Foligno, nel 951. Da bambino fu affidato ai monaci locali di San Silvestro perché potesse studiare ma, crescendo, Domenico decise di proseguire nella vita monastica e si fece benedettino divenendo, poi, anche sacerdote. Col tempo fu sempre più attratto dalla vita eremitica, ma la sua personalità attraeva discepoli e bisognosi di aiuto. I suoi eremi divenivano cenobi, monasteri e mete di pellegrinaggio che non gli consentivano più di dedicare tempo sufficiente alla preghiera.

Accadde una prima volta a Scandriglia (RI) dove fondò e poi abbandonò l’abazia di San Salvatore di cui era abate. Lo stesso accadde per San Pietro del Lago a Villalago (AQ) e San Pietro di Avellana (IS) e per il cenobio di San Bartolomeo a Trisulti, vicino Collepardo (FR). Qui riuscì a rimanere con pochi discepoli per circa tre anni dopodiché colse l’occasione di una donazione di terreno da parte del conte Pietro Rainero di Sora per fondare l’ennesimo monastero. In questo luogo morì, nel 1031, dopo un veloce rientro da un viaggio con destinazione Tuscolo.

 

Un cero per il santo

A san Domenico di Sora ci si rivolge per la protezione contro una serie di eventi tipici della vita dei campi e probabilmente è proprio questo il motivo per cui è necessario recarsi fuori dal centro storico, nella contrada S. Domenico, località omonima con chiesa parrocchiale dedicata allo stesso santo. Il centro storico guardiese ha vocazioni diverse.

Per chi opera nei campi e per i viandanti il morso dei serpenti è da sempre fonte di notevoli preoccupazioni e san Domenico di Sora protegge contro questo pericolo. Le sue immagini sacre non mancano mai di richiami a questo attributo. Si aggiungono poi le importanti protezioni contro i cani idrofobi, importante quando il randagismo era un fenomeno molto diffuso.

Non stupisce allora che al santo sia stata dedicata una chiesa proprio nel territorio maggiormente destinato alle coltivazioni e sede di importanti linee di comunicazione.

La chiesa di San Domenico Abate fu eretta nel 1913, intitolata al santo nel 1959 ed elevata a parrocchia nel 1987. La festa al santo viene celebrata localmente nella terza domenica del mese di agosto.

All’interno della chiesa è custodita la statua del santo mentre mostra un dente di rettile. Ai suoi piedi un cane bianco pezzato che ha catturato un serpente e un terrificante cane idrofobo nero che sta dilaniando il corpicino di un bimbo. Potrebbe trattarsi di un richiamo a un fatto locale che ha particolarmente colpito i devoti, come è accaduto, d’altronde, per il lupo a Pretoro e il ferro di equino a Cocullo.

Ultimo aggiornamento ( 17 Gennaio 2025)