Abbiamo inserito questo giorno tra le ricorrenze popolari perché, pur essendo identificato con riferimento alla solennità religiosa del giorno seguente (la Viggilie di la Cuncizziune), tutto quello che oggigiorno lo caratterizza nel sentimento popolare ha perso qualsiasi significato genuinamente religioso.

Infatti, sono ancora in tanti a sapere che in questo giorno “si fa Viggilie” (si digiuna) e “s’appicce lu Fucaracce” (si accende il Falò Votivo), ma è quasi impossibile trovare chi riesca a collegare queste due antiche manifestazioni tradizionali alla solennità religiosa del giorno seguente. E non sono pochi quelli che vi prendono parte convintamente, ma con atteggiamento laico spesso di derivazione agnostica.

Considerato il radicamento di queste tradizioni nel sentimento della popolazione guardiese, proviamo a identificarne i contesti religiosi all’interno dei quali possono essersi sviluppate fino ad arrivare ai tempi nostri.

Il digiuno e l’astinenza

La consuetudine di osservare in questo giorno, presso molte case guardiesi,  il digiuno detto “di la Viggilie”  risale a pratiche molto antiche non più richieste dai precetti cattolici in vigore.

Questa stato di cose è comune al giorno di vigilia del Natale (24 dicembre), per cui rimandiamo a quella data la trattazione simultanea dell’argomento.

Lu Fucaracce

L’accensione dei falò, che il 7 dicembre a Guardiagrele riguardava fino a pochi anni fa tutti i quartieri del centro cittadino e ogni singola contrada, è una tradizione antica, anzi, antichissima perché preistorica. Questa tradizione che ha rischiato di scomparire viene, per fortuna, tenuta in vita per iniziativa di alcuni encomiabili cittadini che si impegnano a realizzarne uno per conto di tutta la comunità guardiese. Difficile ricondurre il nostro fucaracce alla solennità dell’Immacolata Concezione perché rientra tra quelle manifestazioni di chiara origine pagana che, dalla notte dei tempi, si svolgevano nei giorni del solstizio invernale.

In molti casi questi riti del fuoco sono sopravvissuti fino ai giorni nostri subendo col tempo, oltre a modifiche nelle modalità di svolgimento, anche, stranamente, spostamenti di data all’interno di un arco temporale piuttosto esteso a cavallo dei mesi di dicembre e gennaio.

Un minimo di difformità nelle date sarebbe comprensibile, specie ai primordi, a fronte delle difficoltà nell’identificare con precisione il giorno effettivo del solstizio tra quelli al suo intorno in cui le differenze di durata della luce sono quasi inapprezzabili. Gli scostamenti più evidenti sono, invece, da attribuire a modifiche nei riferimenti religiosi e ad aggiustamenti nei calendari astronomici.

In origine il fuoco solstiziale rappresentava la luce che tornava a riprendere vigore prolungando la sua persistenza quotidiana. Nella Roma dell’età classica, al 25 del mese di dicembre, era fissata la festa pagana del Sole Invitto. I Cristiani, negli anni in cui il loro culto si affermava come religione di Stato, decisero di sovrapporre ad essa la ricorrenza della Natività di Nostro Signore rappresentato dall’astro che torna a dar vita al creato.

Nel corso di pochi secoli, però, gli errori contenuti negli antichi calendari portarono ad anticipare sempre più rispetto al Natale il giorno del solstizio invernale con i suoi riti del fuoco. Questo fenomeno non fece altro che tornare a evidenziarne gli originali aspetti pagani. Solo in pochi casi, come, ad esempio, la «’Ntocciata» di Agnone, essi restarono strettamente collegati alla solennità del Natale.

Nel loro movimento regressivo i riti solstiziali arrivarono ad essere associati al giorno di santa Lucia (13 dicembre) e, quando avvenne la traslazione a Loreto della casa natale della Vergine, verso la fine del XIII secolo, il giorno di questa ricorrenza (10 dicembre) era distante solo un paio di giorni da quello del solstizio. La grande risonanza dell’evento lauretano fece sì che la sua data divenne attrattiva per i riti del fuoco solstiziali che tuttora hanno luogo in alcuni territori dell’Italia Centro-Meridionale.

Il consolidamento degli evidenti scostamenti avvenne nel corso del XVI secolo quando arrivò finalmente la riforma del calendario (4 ottobre 1582) che, da un lato, permise di fissare il solstizio d’inverno in prossimità del Natale, dall’altro di lasciare i riti del fuoco definitivamente associati alle altre ricorrenze religiose.

Inoltre, in quegli stessi anni, a seguito del Concilio di Trento (1556), la Chiesa di Roma riconobbe a Maria di Nazareth la sua Immacolata Concezione (anche se per l’istituzione del relativo dogma fu necessario attendere il 1854) e le celebrazioni andavano a cadere nel giorno dell’8 dicembre. L’importanza sempre crescente attribuita a questa ricorrenza fece sì che molti riti del fuoco previsti in quei giorni confluirono alla sera della vigilia ovvero all’inizio del suo giorno che a quel tempo era ancora stabilito in coincidenza del tramonto. Il successivo spostamento dell’inizio del giorno alla mezzanotte non ebbe effetti perché la ricorrenza dell’Immacolata, essendo classificata come solennità dalla Chiesa cattolica, prevede che le celebrazioni abbiano inizio dopo i Vespri della vigilia.

Ultimo aggiornamento ( 04 Gennaio 2025)