Questo giorno che secondo tutte le chiese cristiane dovrebbe essere di massima gioia, ha lo sfortunato destino di essere appannato da un velo di mestizia dovuto alla fine delle feste natalizie.
A onor del vero non sarebbe proprio così perché, secondo l’ordinamento dell’anno liturgico della Chiesa di Roma, il tempo di Natale termina la domenica successiva alla solennità dell’Epifania, giorno dedicato alla festa del Battesimo di N. S. Difficile trovare chi ne tiene conto.
Comunemente si fa riferimento all’Epifania e ci si consola considerando la versione estesa del consunto proverbio della nostra tradizione, una versione decisamente più ottimistica perché tiene conto delle nostre più antiche consuetudini:
Pasqua Bifanije tutte li feste porte vije; sant’Antune poje ci pense e li feste aricumenze.
Ma sì! Basta attendere una manciata di giorni risistemandosi da tutti gli eccessi, magari controllando i valori degli esami clinici, e poi si potrà tornare ad abbandonarsi ai riti tradizionali riguardanti sant’Antonio abate.
Avete notato, nel proverbio sopra riprodotto, che si parla di Pasqua Bifanije e forse ricordate anche che tradizionalmente al giorno dell’Epifania ci si riferiva con il termine di Pasquette.
Cosa c’entra la Pasqua con l’Epifania? E Pasquetta non è il Lunedì dell’Angelo, il giorno dopo Pasqua? Be’, non proprio.
San Giovanni Paolo II, in più occasioni, criticò l’uso, insorto nella nostra capitale, di chiamare “Pasquetta” il Lunedì dell’Angelo. Questa abitudine ha soppiantato l’altra, ben più giustificata, di definire con quel nome il giorno dell’Epifania, dalle nostre parti chiamato anche Pasquarelle.
Cerchiamo di chiarire la faccenda in estrema sintesi.
La tradizione cattolica ha identificato un gruppo di solennità alle quali attribuire la definizione di Pasqua. Oltre a quella più importante della cristianità, la Pasqua di Resurrezione, sono comprese il Natale, l’Epifania e alcune altre.
Nella definizione di Pasquetta c’è quindi un riferimento alla minore importanza dell’Epifania, certamente rispetto alla Pasqua per eccellenza, ma forse, soprattutto, rispetto alla Pasqua di Natività, quella a cui è maggiormente legata per motivi storici e di calendario.
Ecco, proprio il collegamento al Natale produce una punta di amarezza considerando lo strano destino di questa festa.
Dal punto di vista cristiano, il significato dell’Epifania sarebbe secondo per importanza solo alla Pasqua di Resurrezione, tant’è che in origine era celebrata in corrispondenza del solstizio d’inverno, collocazione strategica per inglobare tutta una serie di riti pagani. Essa corrispondeva praticamente al Natale perché la manifestazione era quella ai pastori e non ai Magi.
Da questa posizione si andò progressivamente allontanando a causa degli errori insiti nei calendari precedenti alla riforma gregoriana. Con la riforma si fissò al 25 dicembre (nei giorni del solstizio) la solennità del Natale di N. S. mentre per l’Epifania la festa rimase fissata al 6 di gennaio con riferimento all’arrivo dei Magi.
Bone a sape’
La vecchietta, dove la metto?
Lo spostamento della festa al 6 gennaio comportò il trasferimento anche della Befana, personificazione femminile della festa. Nella precedente collocazione solstiziale essa rappresentava l’anno vecchio e aveva il compito di donare le sementi per le nuove colture prima di scomparire. Questa funzione benefica non le risparmiava una rappresentazione da strega ovvero da spirito dell’aldilà perché le antiche tradizioni prevedevano sempre il ritorno di morti e spiriti infernali in corrispondenza dei più importanti periodi di transizione nel corso dell’anno.
La Befana del 6 gennaio continuò a portare doni ma non più sementi, bensì regali ai bambini in analogia a quanto avevano fatto i Magi ricordati in quel giorno.
Il negozio di Jisaji’
A Guardiagrele, fino agli anni ’50 del secolo scorso, non c’erano negozi specializzati in giocattoli ma, come possono ricordare i più attempati, negli anni in cui erano bambini, agli inizi di dicembre, nell’emporio di Isaia Rosica (Jisaji’), nei locali successivamente occupati da “Mimò”, avveniva una specie di miracolo. All’improvviso tutto il lungo locale che si apriva su via Roma si colmava di giocattoli, una vera magia agli occhi dei bambini che non vedevano l’ora di essere accompagnati dai genitori a prenotare i doni che la Befana avrebbe provveduto a consegnare. Accadeva poi che dal momento della scelta i bambini non aspettavano altro che il giorno dell’Epifania: il Natale era un pegno che bisognava pagare ai genitori, pegno costituito da letterine di Natale e poesie recitate in piedi su di una sedia. Dopo il Natale iniziava questo piccolo periodo di avvento laico in cui tra i bambini si discuteva su cosa avrebbe portato la Befana.
Poi arrivava il grande giorno e già dalla mattina presto per le strade sciamavano i bambini a mostrarsi reciprocamente i giochi e a inaugurarli sul campo. Era un peccato rientrare a casa per il pranzo.
Il giorno successivo si tornava a scuola ma il pensiero restava fisso ai nuovi giocattoli che ci aspettavano a casa.
La bomba ipercalorica
Motivazioni puramente commerciali hanno fatto sì che da alcuni anni il compito di portare doni ai piccoli sia stato assegnato a Babbo Natale e questo ritorno alla data iniziale ha oscurato ogni significato legato al gesto dei Magi. Peccato, perché, tutto sommato, il 6 gennaio i bambini avrebbero apprezzato maggiormente i doni, ricevuti in un giorno lontano dal generale stordimento del Natale. Ancora più discutibile è che, al termine di un periodo di sregolatezze alimentari, ai bambini venga offerta una dovizia di dolciumi la cui assunzione viene criticata dai dietologi in qualsiasi periodo dell’anno.
È paradossale che proprio nel tempo di Natale (precisamente il 28 dicembre) la Chiesa ricordi i Santi Innocenti, vittime del massacro di Erode. Non sarebbe male che in quella giornata si dedicasse un pensiero alla salvaguardia dell’infanzia contro gli abusi alimentari stoltamente favoriti dagli adulti.
Ultimo aggiornamento ( 08 Gennaio 2025)