Tutti sanno che il giorno effettivo della nascita di Nostro Signore Gesù non è mai stato storicamente individuato. La più antica notizia a riguardo risale a un documento della metà del IV secolo, un almanacco redatto da Furio Dionisio Filocalo in cui in corrispondenza del 25 dicembre si riporta che “Cristo è nato a Betlemme di Giudea”. Nella stessa data era anche indicato che si celebrava la nascita dell’Invitto. Sembra quindi probabile che la scelta della data sia stata motivata dell’esigenza di soppiantare le celebrazioni pagane del Sole Invitto nei giorni del solstizio invernale, con quelle del Cristo Invitto.

Il giorno della celebrazione era ritardato rispetto all’effettivo solstizio per rendere evidente a tutti un minimo di incremento di luce giornaliero.

Sul significato religioso della festa per i Cristiani, la seconda per importanza dopo la Pasqua di Resurrezione, molto ci sarebbe da dire richiamandosi a definizioni sempre più puntuali e profonde fornite dalla Chiesa nel corso dei secoli. Tra le espressioni più significative potremmo citare, per iniziare, con san Leone Magno che proclamava il valore salvifico del Natale di Cristo come evento vissuto al presente. Si potrebbe aggiungere la fondamentale spiegazione di sant’Agostino relativamente allo scambio che avviene con il Dio che si fa uomo affinché l’uomo divenga Dio. Ci limitiamo, tuttavia, a richiamare in chiusura una citazione dal Concilio Vaticano II che attribuisce al Natale di Cristo la spiegazione del mistero dell’uomo: Cristo, nuovo Adamo, che svela la vocazione dell’uomo a divenire figlio del Padre attraverso di sé che ne è Figlio. Ma qui si arriva a livelli teologici inappropriati a livello di almanacco.

La liturgia che la Chiesa prevede per questo giorno non può che essere adeguata all’importanza dell’evento che si ricorda. Sia pure in assenza di dati storici affidabili che hanno condotto a scelte talvolta molto discusse, la Chiesa ha sempre tenuta ferma l’indicazione della mezzanotte come orario di riferimento per la nascita di Nostro Signore Gesù, riconoscendo tutti i richiami al Cristo Salvatore che arriva nel momento più buio della notte. Oltretutto, si potrebbe accettare un buio che si infittisce dopo la sua nascita? Tutte le celebrazioni della giornata si imperniano su questo preciso orario dell’evento.

Le norme sul calendario liturgico indicano nei Vespri della vigilia (Primi Vespri) l’inizio delle celebrazioni del giorno e di tutto il tempo di Natale che si protrarrà fino al giorno del Battesimo di N. S., prima domenica dopo l’Epifania.

Dopo l’annuncio dell’imminente nascita di Gesù, dato durante la messa vespertina della vigilia, si inizia direttamente la veglia del giorno di Natale fino alla Messa della Notte (a mezzanotte) con la conferma della nascita.

Nel corso della giornata sono previste solo altre due messe dette “dell’alba” e “nella giornata”.

Il Natale dei guardiesi non è mai stato molto diverso da quello di gran parte degli italiani. Ci si organizzava per partecipare ad una messa, e prima di rinchiudersi in casa per i festeggiamenti gastronomici si portavano velocemente gli auguri personalmente a conoscenti e parenti che sarebbero anch’essi restati a casa. Nessuno avrebbe mai pensato alla possibilità di trascorre il Natale in un locale pubblico!

Aveva così inizio, nelle case guardiesi di un tempo, l’interminabile pranzo di Natale, preceduto dalla lettura delle letterine e dalla recita delle poesie che i piccoli avevano preparato. Poi, sia pur lamentandosi dei postumi del cenone della vigilia, si dava il via con il “brode di cardone” procedendo poi, a tappe forzate, fino al traguardo del panettone finale. Si arrivava a sera con la tombola e le carte, smangiucchiando torroni e dolciumi vari quasi sempre fatti in casa.

Non ci si scambiavano doni ma, essendo il Natale la festa dei bambini, non poteva mancare la mancetta dai nonni (la “bona Natale”) che, però, passava subito nelle mani dei genitori. La delusione sarebbe scemata via via nei giorni seguenti con l’approssimarsi dell’Epifania, giorno in cui i giocattoli sarebbero arrivati immancabilmente con la Befana.

Un cero per il Santissimo

In occasione della Natività di N. S. Gesù Cristo molte chiese allestiscono presepi, minimali o complessi, presso i quali è possibili andare ad adorare il Bambino Gesù appena nato. Certamente si può farlo più comodamente anche davanti al presepe della nostra abitazione.

Tuttavia, raccomandiamo, in qualsiasi periodo dell’anno, una visita presso la chiesa di Maria SS. del Popolo, quella dell’ex convento di Santa Chiara alla Villa Comunale di Guardiagrele. Lì è possibile ammirare una grande immagine della Natività con S. Francesco e S. Chiara in adorazione. Ingenua e commovente.

 

Bone a sape’

La prossimità del Natale di N. S. al fondamentale snodo astronomico del solstizio invernale ha fatto sì che in corrispondenza di questa solennità siano andati a confluire elementi tradizionali pagani provenienti da religioni cosmiche arcaiche. Così, assieme alla tradizione dei presepi, genuinamente cristiana, compaiono altri rituali che tali non possono essere definiti nonostante adattamenti talvolta molto profondi.

Esaminiamone brevemente i principali.

L’albero di Natale

Una delle manifestazioni che con più chiara evidenza mostra la sua provenienza da un processo di assimilazione di tradizioni precristiane è quella dell’albero di Natale.

Fin dall’antico Egitto l’abete era considerato un albero della Natività, mentre in Grecia era sacro ad Artemide, protettrice delle nascite.

Presso i celti l’abete era l’albero consacrato al giorno che seguiva il solstizio invernale e ancora, nel Medioevo, presso le abitazioni del Nord Europa, esso veniva agghindato e dotato di leccornie varie in attesa della festa.

La comparsa dell’albero di Natale in area cristiana è documentata al palazzo delle Tuileries nel 1840, grazie alla principessa Elena di Meclemburgo-Schwerin, moglie di Ferdinando Filippo d’ Orléans, erede al trono di Francia.

Da lì l’uso dell’albero si diffuse anche nei paesi latini, supportato da numerosi riferimenti rintracciati nelle Sacre Scritture che definiscono Dio e Gesù «albero della vita».

Nonostante tutto questo l’albero di Natale arrivò nelle case dei guardiesi solo in tempi recenti, dopo alcuni anni dell’ultimo dopoguerra, e successivamente fece la sua apparizione nella piazza principale.

All’inizio non era neanche semplice procurarsi un alberello per casa. Non erano in vendita e bisognava raccomandarsi a conoscenti che possedevano terreni boschivi.

Le decorazioni all’inizio erano costituite da mandarini che davano colore e da candeline da accendere solo la notte di Natale. Nel giro di pochi anni arrivarono le decorazioni colorate in vetro: palline, puntale, uccellini e Babbi Natale molto fragili che ogni anno bisognava reintegrare insieme alle candeline consumate. Poi finalmente arrivarono i fili colorati e le luci che ogni anno bisognava riparare o sostituire.

Tutto cambiò con l’arrivo degli alberelli finti.

Il ciocco (“Lu ticchje”)

In tutte le case del nostro territorio che avevano un camino, al momento di provvedere alla scorta di legna per il periodo natalizio, ci si preoccupava di avere a disposizione lu ticchje per la notte di Natale. Il ciocco doveva essere sufficientemente grosso e secco per poter adempiere al suo compito: assicurare il tepore al Bambino Gesù al momento della sua nascita.

Anche nelle famiglie in cui non si attendeva svegli la mezzanotte si preparava con cura la legna con il ciocco nel caminetto di casa. La sua grandezza doveva essere tale da garantire la durata per tutta la notte e, nel contempo, essere sufficientemente secco da non spegnersi troppo presto, né troppo secco da esaurirsi prima del tempo. Il calore doveva rimanere il più possibile costante fino al mattino.

Si andava a coricarsi dopo aver avviato il fuoco con tutta l’esperienza del caso e il massimo della soddisfazione era di costatare che la brace era ancora viva al momento del risveglio al mattino del giorno di Natale.

Il presepio

Anche se un comodo conformismo sta favorendo la presenza di alberi di Natale in tutte le case e i luoghi pubblici, resiste ancora gagliardamente, specie nel Centro-Sud italiano, la tradizione del presepio, un tempo incontrastata in tutte le case.

La sua prevalenza territoriale è da ricondurre all’opera di san Gaetano da Thiene, fondatore dei Chierici Regolari Teatini, che nel Cinquecento iniziò a rivitalizzare questa tradizione predicando la necessità della presenza di un presepe in ogni località durante il periodo natalizio.

Il santo, di origine veneta, operò prevalentemente nel Regno di Napoli, in particolare nella capitale ma anche nel nostro territorio avendo fondato l’ordine dei Teatini insieme a Giampietro Carafa (poi Paolo IV), vescovo di Chieti.

È convinzione generale che la prima rappresentazione della Natività sia avvenuta a Greccio per opera di san Francesco d’Assisi. In realtà non è esattamente così perché di rappresentazioni che possiamo definire corrispondenti a presepi si hanno tracce già intorno al IX secolo in un monastero di San Gallo, in Svizzera. Un monaco di nome Tutelone fece rappresentare in chiesa il momento della nascita con angeli e pastori. Negli anni seguenti si cominciarono a diffondere molte iniziative simili e l’intenzione di perseguire un sempre maggior realismo produsse quelli che definiremmo presepi viventi all’interno di luoghi sacri con tutto quello che anche oggi abbiamo modo di vedere, non esclusi animali di ogni tipo. Davanti a cattedrali che divenivano caravanserragli il Papa non poté fare a meno di intervenire con un atto di divieto assoluto.

Dovettero trascorrere molti anni prima che si svolgesse la vicenda terrena di san Francesco d’Assisi che nei suoi ultimi anni di vita era tribolato dal pensiero che il popolo cristiano adorava un Gesù ormai passato e non presente e vivo nella vita di ognuno.

Di ritorno dalla Palestina, dove aveva constatato l’effetto della visione dei luoghi in cui si era sviluppata la vicenda di Gesù, ebbe l’ispirazione della sacra rappresentazione della sua nascita. Egli sosteneva l’importanza di agevolare la partecipazione spirituale agli eventi attraverso una visione diretta (“con gli occhi del corpo”).

Francesco chiese l’autorizzazione papale per una rappresentazione della Natività ma restando a livelli minimali: la prima rappresentazione ebbe luogo lungo una strada che conduceva a Greccio (Rieti) e consistette nella celebrazione di una messa vicino ad una mangiatoia con del fieno e, accanto, un asino e un bue. Era il 1223.

Da allora il presepio fu presente in molte chiese e sempre più nelle case private. Molto tempo dopo ricominciarono anche i presepi viventi, ma fuori da luoghi consacrati, come nel caso di Rivisondoli, il più antico e conosciuto.

Tutte le case gentilizie approntavano il presepe in grandi saloni con statue di dimensioni considerevoli (fino a un metro e oltre).

In molti centri si allestiva il presepe comunale. A Guardiagrele ce n’era uno molto imponente. Occupava la metà circa della stanza d’ingresso dell’attuale Biblioteca Comunale (allora Museo Civico). Meraviglioso per le luci e per i corsi d’acqua.

I presepi nelle case più popolari erano molto semplici, con statuette in gesso o terracotta che si rompevano appena ti sfuggivano di mano. Ogni anno bisognava provvedere a ricostituire il parco di figurine disponibili. In piazza la cartoleria Pascucci disponeva di un assortimento assai vario ed era difficile venire via resistendo alla tentazione di procacciarsi anche qualche aggiunta.

Risolto il dilemma circa la nascita in una stalla o in una grotta, l’impegno maggiore per i presepi domestici riguardava l’illuminazione (comprendente la stella cometa), che richiedeva una certa esperienza in materiali e circuiti elettrici, e la «famosa» carpine (il muschio) che doveva ricoprire gran parte della superficie sulla quale sviluppare la rappresentazione.

Grandi e piccoli si mobilitavano per la raccolta del muschio nelle giornate più miti di inizio dicembre. Solitamente i luoghi in cui prelevarlo erano già stati precedentemente identificati, nei boschetti che circondavano il centro abitato a Guardiagrele o tra i resti di edifici diroccati dopo la guerra.

Si raccoglieva quella più verde, soffice e folta stando attenti a non avere sorprese dalla presenza di piccoli e fastidiosi insetti che si sarebbero diffusi per tutta la casa. Un eccidio per disinfestazione non sarebbe stato un bel biglietto da visita per il Bambino in arrivo!


Ultimo aggiornamento ( 12 Gennaio 2025)