L’inserimento di questo giorno tra quelli di interesse per il nostro territorio è dovuto esclusivamente al fatto che anche da noi è diventata ormai tradizione celebrare in questa data la «festa degli innamorati».

L’origine della festa è antichissima ma, non essendo geograficamente collocata dalle nostre parti, ha preso piede solo da pochi anni e, nonostante venga intitolata a san Valentino, è sostenuta e incentivata non da motivazioni religiose bensì da malcelate spinte commerciali. Qualcuno potrebbe pensare che, in fondo e in piccolo, non si tratta che di un fenomeno simile al Natale; e sarebbe certamente così se non fosse che, come si diceva, di religioso in questa festa c’è veramente ben poco. Tra l’altro, quel poco coinvolge san Valentino con motivazioni abbastanza discutibili. Andiamo a chiarire la faccenda nei limiti che essa merita e iniziamo proprio dal santo, protagonista suo malgrado.

Ebbene, bisogna subito dire che del santo si sa poco o nulla di attendibile. Le fonti parlano di due Valentini, che trovarono il luogo del martirio lungo la Flaminia, tra Roma e l’odierna Terni, nello stesso giorno (14 febbraio) di anni non identificabili, forse del III secolo dell’era cristiana. Uno dei due era semplice presbitero romano, l’altro vescovo di Terni. Per entrambi, racconti leggendari narrano di miracolose guarigioni, mentre solo fonti molto postume accennano a interventi in questioni amorose. Reliquie di san Valentino sono custodite in varie parti d’Italia, quasi sempre attribuite al vescovo ternano ma senza alcuna certezza. Purtroppo questo vale anche per il santo che dà il proprio nome alla città italiana con il nome più lungo, San Valentino in Abruzzo Citeriore, la nostra simpatica vicina che un tempo chiamavamo Sammaldine.

A questo punto è il caso di cercare il bandolo del filo che collega il santo agli innamorati. Quello più promettente parte da un dato attendibile: i monaci benedettini ternani che divennero da subito devotissimi al santo vescovo e fautori della celebrazione della sua festa. A questo non dovrebbe essere estranea la volontà della Chiesa di oscurare le residue celebrazioni dei licenziosi Lupercali di origine pagana che si tenevano il giorno successivo.

Con i Benedettini, attraverso i monasteri, la devozione al santo vescovo iniziò a diffondersi in Europa. In particolare, nei monasteri britannici e francesi la festa di san Valentino, per la sua collocazione nel calendario (corrispondente meteorologicamente, nell’attuale calendario gregoriano, ai giorni di fine febbraio), venne associata con i primi cenni di risveglio della natura, la fioritura di piante precoci mentre gli uccelli iniziano le manovre per mettere su famiglia. Per analogia il significato venne poi esteso anche agli umani, tanto che risultano attestazioni di scambi di bigliettini amorosi per la ricorrenza già in epoca medievale.

Con un salto di quasi un millennio si arriva al 1465 quando a Roma il papa istituì proprio per il 14 febbraio la giornata della distribuzione di doti maritali alle ragazze bisognose che, in mancanza, non avrebbero trovato marito. La scelta del giorno viene da molti collegata alla tradizione di origine benedettina sopra ricordata.

Con i francesi e i britannici la festa di san Valentino attraversò l’oceano per approdare in America dove trovò terreno fertile per i numerosi filoni commerciali che offriva.

E così san Valentino ha subito la sorte di san Nicola, trasformato nel buffo personaggio commerciale di Santa Claus. Di san Valentino, originariamente protettore contro l’epilessia, sono in pochissimi ormai a ricordarsi, anche se sono in tanti a seguire i rituali stucchevoli (e venali) del “sanvalentino” festa degli innamorati. Sarà perché anche l’amore dà alla testa? Chissà. Intanto da un po’ di anni la Chiesa ha relegato la memoria del santo tra le celebrazioni locali e istituendo per lo stesso giorno la memoria di Cirillo e Metodio, santi di ben altro calibro (scusandoci per l’uso di un discutibile metro di santità).

 

 

Ultimo aggiornamento ( 14 Febbraio 2025)