Questa volta è chiaro di cosa vogliamo parlare: sissignori, proprio de la Barre, ufficialmente noto come "Bar Italia", locale da molti decenni ubicato lungo il corso di Guardiagrele.
Ovviamente ne parleremo per l’aspetto che ci interessa principalmente, ossia la particolare denominazione popolare che vuole il suo nome al femminile. Non siamo "Tripadvisor" e quindi tralasciamo di giudicare le qualità del locale: i guardiesi lo conoscono fin troppo bene e, se da anni la sua gestione scorre attraverso le generazioni della famiglia del “mitico” Teodoro, qualche valida ragione ci sarà. A Guardiagrele si cita ancora l’espressione “Teodó’, diecimile!” urlata dai giocatori di flipper che richiedevano il premio.
Vogliamo, invece, parlare proprio del nome popolare, “la Barre” che lo rende immediatamente identificabile.
Un aneddoto a molti noto narra che Abele, padre di Teodoro, a causa della sua scarsa istruzione, continuasse a chiamare il locale del figlio "la barre" contrapponendosi alla normale denominazione dialettale di “lu barre”. I nostri concittadini, rinomati per la spiccata propensione ad affibbiare soprannomi, non si sono lasciati sfuggire l’occasione e così il Bar Italia dopo mezzo secolo è ancora per tutti i guardiesi "la Barre". La denominazione ha ormai perso ogni connotato canzonatorio tanto che le nuove generazioni continuano a chiamarlo così pur ignorando l'origine del nome.
Diciamo subito che la storia della storpiatura per ignoranza, a nostro parere, deve essere profondamente rivista e se ci seguirete in queste brevi riflessioni avrete modo di capire dove l’ignoranza effettivamente si è annidata.
Cominciamo col dire che ufficialmente la parola "bar" è comparsa in Italia, con significato assimilabile a quello odierno, solo alla fine dell’Ottocento ("Vocabolario milanese-italiano", ed. Paravia, Torino, 1897). Era accaduto che qualche milanese, probabilmente frequentatore di ambienti internazionali, aveva ripreso una denominazione inglese per definire un locale di tipo nuovo in cui era possibile consumare velocemente dolci, panini e bevande. Il vocabolo, neutro nella lingua originale, cominciò ad essere usato al maschile e così continuò mentre i bar si diffondevano rapidamente in tutt'Italia. Nel 1926, la denominazione venne riconosciuta dal governo dell'epoca come parola italiana al fine di assicurare ai locali che ne facevano uso l’esenzione dalla tassa sulle insegne in lingua straniera.
Per locali simili, fino all’Ottocento, si parlava quasi esclusivamente di "caffè" e, fino all’ultimo dopoguerra, a Guardiagrele, questo tipo di locale pubblico continuava ad essere chiamato “caffè” nonostante la comparsa delle prime insegne con la denominazione di "bar" (Bar Maiella, Bar dello Sport, Bar Eliseo). Anche usata era presso alcuni la denominazione di "dopolavoro", istituzione nata in epoca fascista.
Solo negli anni ’60 il termine “bar” (lu barre) cominciò effettivamente a diffondersi tra la popolazione e questo fu il periodo in cui nacque il Bar Italia con il curioso intervento del nostro Abele che, contro tutto e contro tutti continuava a parlare de “la barre”!
Sembra la storiella di quel signore anziano che continuava a segnalare alla polizia stradale la presenza di numerose macchine che procedevano contromano in autostrada mentre era lui ad aver sbadatamente preso il verso di marcia sbagliato. Non è questo il caso e, purtroppo per Abele, si sa che ad aver ragione da soli si fa sempre la parte di quello che ha torto.
Per riconoscere ad ognuno il dovuto cominciamo a risalire all'origine dell'inglese "bar" che, come detto, è passato nel dialetto milanese per poi essere adottato nell'italiano.
Occorre premettere che fino al XIX secolo i pubblici esercizi che possono essere ritenuti i progenitori degli odierni bar erano numerosi soprattutto nel mondo ispanico, sia europeo che latino-americano, e venivano chiamati "barra" perché la mescita avveniva in un banco dietro una sbarra posta per tenere distanziati gli avventori. Oggigiorno in spagnolo si usa ancora l’espressione "tomamos un vino en la barra" che equivale ad “andiamo a bere un bicchiere di vino al bar”, in cui "barra" indica il bancone anche se non più munito di sbarra.
Sembra che in occasione della diffusione di questo tipo di locale negli Stati Uniti, ripreso dalle vicine popolazioni latino-americane, sia iniziato l’uso del termine “bar”, traduzione letterale di “barra”, ad indicare il locale e non più il semplice banco di mescita. È riportato che negli ambienti di "Broccolino" del primo Novecento si usassero entrambe le denominazioni, "bar" e "barra" secondo le origini di chi parlava. Si ricorda anche l’uso di “barro”, ma questo sì dovuto all’ignoranza di chi parlava non conoscendo l’origine della parola.
Non risulta che il nostro Abele abbia frequentato "Broccolino" ma si sa che ha preso parte alla guerra di Spagna negli anni '30 del secolo scorso. Non è difficile immaginare quindi che, per ristorarsi, andasse con i suoi commilitoni a bersi un buon bicchiere di vino "a la barra". Naturale, quindi, che una volta tornato in Italia, quando nacque il “Bar Italia” e il termine "bar" esisteva ancora quasi solo nelle insegne, si riferisse al locale del figlio come "la barre", secondo la pronuncia guardiese. Perché mai doveva dire "lu barre"? Purtroppo non aveva pensato a quei milanesi, loro sì certamente ignoranti, che avevano introdotto l'uso errato al maschile trasmesso poi nella lingua italiana e nel dialetto guardiese.
Aggiungiamo infine che non dimostrarono molta cultura neanche quei guardiesi che, ignorando la storia del nome, cominciarono a prendere in giro il nostro Abele, l’unico che sapeva come stessero le cose ma non fu in grado di spiegarlo a tutti.
Povero grande Abele!
Povero per essere stato ingiustamente bistrattato e grande perché, grazie a lui, Guardiagrele ha l’unico bar conosciuto che possa fregiarsi del titolo di
“bar a denominazione etimologica controllata”!
Ultimo aggiornamento ( 25 Luglio 2017)