Quando viene a trovarci fra Micchele dal suo convento nel Vastese è sempre una gioia. E' originario di Palombaro e lu nutare Firrare lo definisce suo mezzo parente. Appena gli eventi meteorologici gliel'hanno consentito si è presentato con il suo solito spirito e buon umore che ci riconcilia tutti con la vita. Essendo in Quaresima è stato molto parco nell'accettare i consueti cumpliminte e si è limitato a nu pasticce e nu bicchjire di vine tanto per arrivare a sera.
Mangiando a piccolissimi bocconi ci ha intrattenuto con le sue storie affascinanti.
Quella che stavolta ci ha colpito maggiormente riguardava li Vattiture, rito religioso al quale ha partecipato qualche anno fa occasionalmente perché non più previsto nelle celebrazioni ufficiali della chiesa cattolica.
Fra Micchele ne ha accennato di sfuggita in relazione ai riti della Settimana Santa e Giansante ha aggiunto che anche sua madre gliene aveva fatto cenno quando le chiese spiegazioni sul curioso richiamo ai figli che facevano troppo rumore: «Chi stete a fa', li vattiture?»! Così non abbiamo perso l’occasione per incalzare fra Micchele e ci siamo fatti raccontare tutto su questo "strano" rito. Ecco quello che ci ha illustrato.
La denominazione canonica del rito sacro è “Ufficio delle Tenebre” o, più sinteticamente “Tenebre”. Era tra i più popolari prima della riforma liturgica della metà del secolo scorso. Corrispondeva all'Ufficio unificato di "Mattutino" e "Lodi" nei tre giorni del Triduo Sacro (Giovedì, Venerdì e Sabato Santi). Almeno per questi tre giorni il rito poteva essere anticipato alla sera precedente per permettere una maggiore affluenza dei fedeli e per questo motivo l'Ufficio delle Tenebre è ricordato spesso come celebrazione nelle sere dei Mercoledì, Giovedì e Venerdì Santi. Il suo svolgimento era particolarmente suggestivo e coinvolgente.
La celebrazione si svolgeva alla presenza di un candelabro triangolare, una candela al vertice e altre sette degradanti ai due lati. Esse rappresentavano Nostro Signore (al vertice) accompagnato nella sua Passione dagli undici apostoli e dalle tre Marie.
Tra canti e letture di salmi, lamentazioni di Geremia, responsori, Benedictus e Miserere, le candele laterali venivano spente ad una ad una a significare il progressivo affievolimento della fede nei compagni del Cristo mentre egli si avvicinava alla morte in croce. Anche quelli che non erano fuggiti ma rimasti sotto la croce, immersi nel dolore, persero di vista il significato di quanto stava accadendo.
Molto suggestiva era l’ultima parte che si svolgeva intorno all'ultima candela accesa, quella di Cristo.
I celebranti si avvicinavano all'Altare appositamente preparato e popolarmente noto come “Sepolcro” per intonare gli ultimi canti dopodiché l’ultima candela veniva nascosta alla vista ma non spenta per indicare che la fiamma della divinità di Cristo rimase viva anche dopo la sua morte.
A questo punto la cerimonia prevedeva “Ci sia un poco di fragore e strepito” e i celebranti iniziavano con il battito dei piedi. Questa fase voleva riprodurre il buio e il terremoto, lo sconvolgimento della natura, al momento della morte di Nostro Signore e prevedeva che i fedeli in qualche modo vi prendessero parte. Secondo buona regola ci si attendeva una partecipazione limitata alla battuta dei breviari sui banchi della chiesa ma chi non aveva il breviario poteva attrezzarsi in vario modo. E qui accadeva di tutto.
Potete immaginare che anche quei ragazzi a cui inutilmente le mamme raccomandavano di presenziare alla messa domenicale non si lasciavano sfuggire l’occasione di andare a far baccano “autorizzato” in chiesa. Si munivano di mazze, bastoni, mazzuoli e martelli vari e attendevano il via per scatenarsi in una partecipazione veramente vigorosa. Queste erano “li Vattiture” che davano il nome al rito presso i guardiesi. Un rito altamente simbolico e mistico di cui però colpiva l’aspetto più profano. Altrove la denominazione popolare era, più rispettosamente, quella di “Terremoto”.
Ad ogni modo, riportata la calma e la compunzione, la cerimonia si concludeva con un significativo gesto di speranza: la candela nascosta e rimasta accesa veniva devotamente ricollocata al suo posto in cima al candelabro.
Abbiamo fatto una ricerca in internet e con un certo stupore abbiamo scoperto che in molti luoghi d’Italia il rito delle Tenebre è ancora vivo e viene svolto solennemente almeno in uno dei tre giorni del triduo, principalmente al Mercoledì Santo, giorno in cui le celebrazioni più tradizionali della Settimana Santa sono meno impegnative. Un nostro consiglio è quello di Sessa Aurunca in provincia di Caserta: semplicemente struggente.
Ultimo aggiornamento ( 22 Gennaio 2016)