"Lu Lissame", piatto del primo maggio di antica tradizione abruzzese, conosciuto come "li Virtù" teramane ma misconosciuto come "la Lissagne" guardiese. Esiste una ricetta attendibile? E quali sono le "virtù" di cui si fanno vanto nel Teramano?
Per il giorno effettivo di Calendimaggio, il primo del mese di maggio, la tradizione abruzzese richiedeva di festeggiare consumando il “Lissame”, una minestra preparata con le rimanenze di legumi dell’annata precedente proprio nel periodo in cui cominciano ad essere disponibili quelli freschi.
Gennaro Finamore, nel suo Vocabolario dell’Uso Abruzzese, descrive il “Lissame” come «minestra fatta di nove specie di legumi e cereali insieme uniti, che i contadini cuociono e i poveri vanno accattando nel primo dì di maggio. [...] Forse, consumando i seccumi, per dar segno che i nuovi prodotti sono vicini a prenderne il luogo, ed è ricordanza di un rito antico». Il Finamore aggiunge un’importante annotazione: la minestra era chiamata “la Lissagne” a Guardiagrele, “li Virtù” a Teramo e “ju Granato” all’Aquila. Questa nota permette, quindi, di definire tre denominazioni collegate a quelli che sembrerebbero essere i tre centri d’eccellenza per la pietanza. Dal canto suo, Emidio Vitacolonna nel suo Glossario di dialetto guardiese, ci informa che «il primo maggio era usanza mangiare la “lessagne”, un insieme di legumi vari lessi: ceci, lenticchie, fagioli, conditi con olio».
Si comprende, dunque, che “Lissame” è termine generico tradizionale che non può corrispondere a una specifica ricetta ma risponde ad una filosofia di gestione delle risorse alimentari tornata d’attualità al nostro tempo.
Nella nostra zona “lu Lissame” o, meglio, “la Lissagne”, si è arricchita di altre rimanenze di un certo pregio, di carni, di cereali e di paste secche. Compaiono quindi cotiche, ossi di prosciutto, sfarinati di farro e “randinie” (“la pizze di randinie”), “li richjamate” (residui di pasta varia specialmente quella rotta o difettosa).
Il piatto proposto dal prof. Primavera, fidandoci della sua sapienza di ricercatore, dovrebbe quindi essere proprio la nostra “Lissagne”, tutt’al più “Lissagne ‘nchi li Richjamate”, se si vuole specificare meglio la versione. Una minestra, come detto, appartenente alla famiglia dei Lessami, come quelle che nel Teramano chiamano Virtù.
Ecco, a proposito delle Virtù, dobbiamo riconoscere che questa denominazione è particolarmente significativa e non solo elegante. Probabilmente risale ad epoche inimmaginabili.
Secondo alcuni studiosi, il nome deriverebbe addirittura da Vertumno, antica divinità etrusca il cui culto risulta praticato nell’antica Roma già nei primi anni dopo la fondazione. Colpisce, in particolare, non tanto il richiamo nel nome ma quello nel significato: Vertumno era una divinità rurale il cui nome potrebbe risalire ad una antica radice pre-latina del verbo «vertere», cambiare di direzione. Veniva festeggiato proprio nel periodo primaverile, quando la natura «cambiava direzione». Ulteriore fatto curioso è che all’amore tra Vertumno e Pomona è stata dedicata una famosa favola proprio dal nostro conterraneo Ovidio!
Ultimo aggiornamento ( 17 Marzo 2020)