Tratteggio non convenzionale della storia del Duomo guardiese.
Cosa c’era prima della sua realizzazione? Forse un tempio sannitico?
È possibile che c’entri la mitica Aelion?
Come si è modificata attraverso una sorprendente soprelevazione del presbiterio a circa quattro metri di altezza rispetto ai fedeli fino all’attuale navata soprelevata di circa cinque metri rispetto al piano stradale.
Il complesso di fabbricati nell’area di Santa Maria Maggiore ha avuto una storia travagliata che attraversa diversi secoli e, come vedremo, forse i millenni.
Le prime informazioni, molto frammentarie, e di affidabilità impossibile da valutare, risalgono ai primi secoli del secondo millennio. Da quegli anni cominciano ad apparire informazioni sempre più consistenti ma sempre frammentarie. Dati più certi e sufficientemente completi si hanno solo a partire dalla ricostruzione dopo il devastante terremoto del 1706.
La narrazione della storia del nostro Duomo viene ricondotta a tre fasi distinte separate dai due eventi più significativi, l’inizio dei lavori per un edificio religioso rappresentativo di tutta la cittadinanza (XII-XIII se.) e la sua ricostruzione di inizio ‘700.
Per gli storici ufficiali il periodo più interessante è quello centrale in cui l’opera si è sviluppata raggiungendo all’incirca la forma e le dimensioni attuali. A noi che siamo solo curiosi e non storici ufficiali, è sembrato da sempre molto strano che del primo periodo si forniscono solo vaghi e quasi imbarazzati cenni. Dal canto opposto non suscitano particolare interesse le vicende del terzo periodo che ha condotto allo stato attuale del complesso. Lasciando quindi agli storici le descrizioni delle profonde trasformazioni nel periodo centrale, certamente il più importante e interessante, ci siamo incuriositi dei due punti estremi di questo periodo: da cosa si è partiti nella costruzione e cosa ha distrutto il sisma del 1706. Per entrambi i punti le informazioni ufficiali ci risultano a volte vaghe e talaltre contrastanti.
Per ricavare informazioni a riguardo non siamo andati ad esaminare reperti archeologici o documentali ma soprattutto reperti storici immateriali provenienti dalle tradizioni più consolidate nel corso dei secoli e nel far questo sono stati fondamentali gli spunti fornitici dall’amico fra Michele da Palombaro nel corso di una sua recente visita al nostro Duomo.
Ebbene, sembra generalmente accettato che all’inizio del secondo periodo, tra il XII e il XIII secolo, in quell’area ci fosse una chiesa cimiteriale intitolata a Santa Maria e forse di una seconda chiesa che secoli dopo ritroviamo come Natività di Gesù. Si deve, poi, dare per scontata, nella stessa area, la presenza dell’importante strada cittadina che tuttora collega Porta San Giovanni alla Porta di Luzio (via dei Cavalieri). Infine c’erano le mura cittadine. Si deve convenire che cominciano ad esserci problemi di collocazione negli spazi se si cerca di definire una possibile collocazione degli edifici.
Cominciamo, allora col dire che la conformazione del terreno, fortemente scosceso, comporta che a quell’epoca le mura dovessero fiancheggiare direttamente la via dei Cavalieri. Questa ipotesi consente anche di rendere plausibile la presenza della chiesa di Santa Maria come chiesa cimiteriale fuori le mura. L’edificio non sembra poter essere altro che la chiesa di Santa Maria detta del Riparo posta in corrispondenza dell’attuale cripta di san Rocco ma con accesso da fuori le mura, al livello della strada Orientale. Il cimitero avrebbe occupato all’incirca l’area contigua della piazza del mercato ma abbassata di livello.
La chiesa della Natività, di cui si asserisce la presenza in posizione prossima a quella di Santa Maria, avrebbe avuto l’ingresso da via Cavalieri con posizione a livello stradale e quindi soprelevata rispetto a Santa Maria del Riparo. La chiesa doveva essere piuttosto piccola e inserita nel contesto delle strutture di passaggio dalla porta Orientale al muro difensivo verso porta di Luzio. Potrebbe trattarsi dell’attuale ex chiesa della Madonna del Popolo i cui locali sono affiancati alla cripta di San Rocco.
A nostro parere, per seguire la storia del nostro Duomo, occorre puntare l’attenzione sulla chiesa di Santa Maria del Riparo, edificio che, come vedremo, non è poi stato effettivamente interessato dai lavori per la realizzazione del Duomo nel secondo periodo.
Eppure fonti di una certa autorevolezza spiegano che il complesso di Santa Maria Maggiore ebbe origine, nel periodo tra il XII e il XIII secolo, proprio con l’edificazione della chiesa di Santa Maria del Riparo, aggiungendo, però, per scrupolo che c’è chi parla della possibilità che ci fosse un edificio preesistente sin dal V secolo. Sinceramente ci è difficile comprendere come questo possa essere avvenuto considerando che l’edificio parte ben al di qua delle mura per andare a interessare la chiesa cimiteriale oltre le mura.
L’ipotesi che riteniamo più credibile è che la chiesa di Santa Maria del Riparo esistesse già da secoli fuori le mura e che la costruzione del Duomo sia partita dentro le mura senza coinvolgere Santa Maria del Riparo ma restandone successivamente condizionata nello sviluppo a causa della presenza molto prossima di quest’ultima.
Poniamoci anche una domanda: nei primi secoli del secondo millennio, è plausibile, come sembra di capire in alcuni testi, che si decida di edificare dal nulla una chiesa cimiteriale fuori le mura? A noi sembra di no perché all’epoca non vi erano esigenze di avere i cimiteri fuori dalle mura cittadine, ma la tradizione cristiana voleva i defunti sepolti in un Campo Santo collegato ad una chiesa e chiese con cimiteri all’interno già ce n’erano.
Eppure la presenza del Campo Santo, con relativa chiesa, in quell’area la possiamo dare per scontata perché documenti dell’epoca riferiscono che ci fu una traslazione di resti di defunti presso la chiesa di San Siro, poi San Francesco, ossia all’interno della cinta muraria.
In definitiva l’ipotesi che vogliamo affacciare, su basi più che altro logiche, è che la chiesa di Santa Maria del Riparo effettivamente esistesse già dal primo millennio. Il suo Campo Santo fu smantellato in occasione dei lavori di rifacimento dell’area probabilmente per togliere pressione all’area stessa nella quale stavano crescendo attività civiche e commerciali.
La domanda allora diventa: come mai la chiesa si trovava proprio lì, appena fuori delle mura?
Il motivo pensiamo di averlo trovato proprio attraverso alcuni interessanti collegamenti storico-religiosi evidenziati di recente dal nostro amico fra Michele da Palombaro. Si tratta, innanzi tutto, di un fenomeno che caratterizzò i primi secoli della Cristianità, dopo l’editto di Tessalonica (380 d.C.) per il quale la religione cristiana divenne religione dell’impero: la riconversione di templi pagani, fino ad allora coesistenti, in chiese cristiane. Non si trattava solamente di appropriazione di edifici già agibili ai fini di culto ma anche di costruzioni di nuovi edifici su resti di antichi templi pagani. A Roma, ad esempio, abbiamo Santa Maria dell'Aracoeli, in cima Campidoglio, Santa Maria degli Angeli, alle Terme di Diocleziano, la Basilica di Santa Maria Maggiore; addirittura il Pantheon, chiesa cristiana ufficialmente “ribattezzata” come Santa Maria ad Martyres! Avrete notato che si tratta sempre di templi re-intitolati alla Vergine. Questa intitolazione era ritenuta la più efficace ai fini della riconsacrazione dei luoghi e prendeva forza dalla proclamazione di Maria, Madre di Dio, avvenuta al concilio di Efeso nel 431.
Da quanto detto si comprende il motivo della presenza della chiesa sin dai primi secoli sui resti di un tempio pagano, magari anche quando il colle non era ancora abitato. Le abitazioni e le mura, che avrebbero poi definito il centro urbano, potrebbero essere arrivati anche molto tempo dopo.
Un altro aspetto importante merita di essere esaminato. La collocazione nella parte estrema orientale del colle, e addirittura l’orientamento verso il sorgere del sole, farebbe pensare addirittura ad un tempio sannitico risalente a qualche secolo prima di Cristo. Tutti i templi sannitici, infatti, erano posizionati con chiari riferimenti astronomici e il tempio che ipotizziamo potrebbe essere stato dedicato proprio al culto del Sole. È da ricordare che l’adorazione del dio Sole fu una delle credenze che la Chiesa si impegnò più strenuamente a sradicare nei primi anni di affermazione della cristianità.
Detto poi per inciso, possiamo essere sicuri che l’antica dedica al sole di questo luogo, “Aelion”, sia da relegare tra le baggianate perché non ne esistono attestazioni dell’epoca? Da parte nostra useremmo molte cautele perché potrebbe esserci stato un tempo in cui la collina, ancora disabitata, era identificata col tempio, ben visibile da tutta la vallata!
Insomma, da questo nucleo iniziale potremmo dire che si sia sviluppata tutta l’area di cui si hanno i primi riscontri storici significativi nel XII-XIII sec. per poi ritrovare distrutta dopo il catastrofico sisma del 1706.
Tanto per fare chiarezza allo scopo di riuscire a spiegare meglio le cose, proviamo a dire che la chiesa di Santa Maria Maggiore è nata “ex novo” all’inizio del secondo millennio nell’area tra via dei Cavalieri e la Strada Grande (via Roma). La denominazione di “Maggiore” l’assunse quando fu in grado di avere le caratteristiche per primeggiare rispetto alle altre Sante Marie, in particolare quella che da molto tempo si trovava lì vicino, al di là di via dei Cavalieri, Santa Maria del Riparo, insieme ad altri edifici sacri che si sono succeduti e modificati nei secoli successivi.
La chiesa di Santa Maria Maggiore cominciò ad accrescersi partendo da dove oggi troviamo il portale principale e la torre campanaria con numerose modifiche introdotte ne corso dei secoli successivi principalmente nella parte absidale. Tra queste ce ne fu una che presenta connotati di notevole bizzarria e ha decisamente influenzato anche il risultato finale che possiamo ammirare: per poter ampliare la chiesa senza toccare le strade circostanti si decise di prolungarla sollevando il presbiterio sopra via dei Cavalieri! Della cosa si trovano solo fuggevoli accenni nelle sintesi storiche che comunemente si leggono benché costituisca evidentemente un fatto clamoroso. Abbiamo il sospetto che in molti la ritengano poco credibile. Invece osservate la foto del lato meridionale scattata probabilmente nella prima metà del secolo scorso.
Si vede nettamente la parte nuova di parete costruita dopo il 1706 che parte da oltre via dei Cavalieri. L’arco e la muratura sovrastante sono evidentemente di epoca precedente e probabilmente la facciata posteriore si integrava nel muro di cinta. Si capisce anche che in tal modo l’edificio ormai incombeva sulla sottostante chiesa di Santa Maria del Riparo rendendone difficoltoso l’accesso.
Il sisma, quindi, ha distrutto una straordinaria aula interna di quella che era diventata la Collegiata di Santa Maria Maggiore. Immaginate: una navata a livello dei portali di ingresso che proseguiva fino alla balaustra di delimitazione del presbiterio e un presbiterio che iniziava con un lungo scalone che conduceva all’altare posto almeno quattro metri più in alto in corrispondenza del sottopassaggio di via dei Cavalieri!
Certamente una soluzione architettonica ardita e molto scenografica con i canonici che per la messa dovevano ascendere per la celebrazione e poi discendere per amministrare l’Eucaristia.
Il terremoto provvide a riportare tutto a terra.
A questo punto si riproposero le questioni sulle modalità di ricostruzione perché le dimensioni della navata, negli ultimi anni, erano tornate ad essere inadeguate.
La soluzione più immediata era in linea con quella che poi è stata effettivamente realizzata: prolungamento della chiesa oltre via Cavalieri fino ad appoggiarsi sulla struttura portante della sottostante chiesa di Santa Maria del Riparo. Ma questa volta, per motivi di visibilità dell’altare, sarebbe stato necessario innalzare l’intera aula al di sopra del passaggio stradale! Una soluzione ammirevole per coraggio, rigore e risultato estetico.
Probabilmente, al momento in cui si passò a considerare l’entità effettiva dei lavori e i costi relativi, qualcuno avrà posto il dubbio prospettato dall’amico fra Michele: «Perché per avere un Duomo più ampio non ricostruiamo la chiesa lungo via Cavalieri dalla parte di via Orientale?». In effetti, partendo da porta Macello, e appoggiandosi alle strutture semidistrutte sottostanti, lo spazio ci sarebbe stato per una lunghezza simile all’attuale navata praticabile (dal termine della scalinata interna) e considerando anche i porticati. Questa soluzione avrebbe permesso finalmente di realizzare anche una piazza antistante (in corrispondenza della piazza del Mercato) di cui il Duomo si è dotato a fatica solo in tempi posteriori.
Spostare i resti della chiesa ricostruendola più in là dopo una rotazione di 90° non era un problema molto maggiore rispetto a ricostruirla dov’era con la navata soprelevata. I costi della manodopera incidevano meno all’epoca rispetto a quelli dei materiali che, per altro, erano in gran parte recuperabili. Eppure la scelta cadde sulla soluzione più ardita e costosa. Perché?
Fra Michele ha fornito la sua spiegazione premettendo che probabilmente la sensibilità religiosa dei nostri antenati non ha fatto neanche nascere il dubbio. La soluzione è in quel termine che abbiamo usato poco sopra: rigore. Un tempio cristiano, specialmente se di una certa rilevanza, deve rispettare una serie di regole. Di questi canoni, uno dei più importanti è sempre stato l’orientamento, ma intenso nel senso originario di indirizzamento verso est.
Scrive J. Ratzinger (poi papa Benedetto XVI): «[Nella preghiera liturgica] si guarda a oriente, al sole che sorge. Non si tratta di un culto solare, ma è il cosmo che parla di Cristo». «Il sole simboleggia il Signore che tornerà, l’ultima alba della storia. Pregare rivolti a oriente significa andare incontro a Cristo che viene».
Poi aggiunge con una punta di amarezza: «L’uomo contemporaneo comprende poco tale ‘orientamento’. Mentre per l’ebraismo e per l’Islam continua a essere ovvio che si deve pregare rivolti verso il luogo centrale della rivelazione».
Questo è il motivo che all’epoca era ben conosciuto e conservava una sua importanza. Naturalmente il canone non è inderogabile e già nei tempi antichi ci sono state significative eccezioni per esigenze particolari legate sempre a disponibilità degli spazi (Basilica di San Pietro a Roma).
Nel centro di Guardiagrele le chiese conventuali hanno orientamento diverso; così pure la chiesa del Carmine e l’ex chiesa di San Silvestro. Le altre, comprese quelle parrocchiali, sono tutte rivolte a oriente.
Insomma, questi motivi quasi dimenticati hanno portato ad avere la nostra attuale meravigliosa chiesa Collegiata di Santa Maria Maggiore, chiesa cavalcavia con aula soprelevata di circa cinque metri rispetto al livello del terreno su cui poggia.
La Collegiata e la cripta di San Rocco, realizzata in tempi più recenti, poggiano quindi sulle fondamenta della chiesa di Santa Maria del Riparo. Questo ci fornisce una suggestione: tra quelle pietre, alla base della facciata posteriore in via Orientale, potrebbero essercene alcune provenienti dall’antico tempio al dio Sole sulla collina di “Aelion”!
Ultimo aggiornamento ( 09 Maggio 2020)