Se vi siete mai chiesti perché le nostre conche sono fatte in modo così particolare o se ve lo state chiedendo proprio adesso, se volete sapere cos’è la “spare” e perché si chiama così, ma anche perché le donne abruzzesi erano particolarmente ammirate, non vi resta che leggere quanto spiegato in questo articolo.
Solitamente gli oggetti appartenenti alla nostra tradizione vengono guardati e ammirati per come splendidamente si presentano ma non ci si avventura in analisi riguardanti il perché sono fatti così. Eppure anche oggetti essenzialmente decorativi, nei tempi andati, non prescindevano dal rispetto di esigenze pratiche: si pensi alle “presentose” e al loro contenuto simbolico rappresentativo dello stato civile.
Passando a oggetti di uso comune, possiamo chiederci come mai la conca tradizionale ha quella forma con larga imboccatura, collo stretto, fondo concavo e ampi manici. Certo, perché nessuno di queste caratteristiche è casuale.
Iniziamo col parlare del materiale che è sempre stato il rame. Il suo impiego è motivato principalmente dalle caratteristiche intrinseche di lavorabilità che consentono, da un verso, di realizzare forme complesse e, dall’altro, di eseguire agevolmente le riparazioni di eventuali danni. A queste caratteristiche si accompagnano poi la notevole resistenza all’ossidazione, importantissima per recipienti destinati a contenere quasi esclusivamente acqua, e la buona resistenza meccanica ottenibile con la semplice martellatura della lamiera.
Detto della lavorabilità della lamiera in rame, arriviamo ad analizzare la forma piuttosto complessa del manufatto.
La caratteristica più evidente della conca tradizionale è la sua ‘vita’ stretta simile a quella che si realizzava con i corsetti nell’abbigliamento femminile tipico di un tempo. Il motivo pratico di questo accorgimento è sostanzialmente quello di ridurre gli sversamenti durante il trasporto quando l’acqua poteva “dillazzàrese”.
Funzionalmente collegato alla presenza di questo collo ristretto è l’ampia svasatura di imbocco che costituisce un imbuto integrato nel manufatto.
La particolarità che risulta più interessante è, però, il fondo concavo che, a giudizio di un inesperto, sembrerebbe scomodo a causa della precaria stabilità nell’appoggio. Tutt’altro.
Occorre, innanzi tutto, considerare che un fondo piatto comportava uno spigolo vivo nella circonferenza di base. Questo spigolo presenterebbe maggiori difficoltà in fase di realizzazione del recipiente e notevoli inconvenienti nell’uso: sarebbe più soggetto ad antiestetiche ammaccature e provocherebbe più danni in caso di urto con la persona.
La forma bombata, convessa per l’esterno, con i suoi bordi arrotondati presenta, invece, notevoli vantaggi nell’uso pratico.
Forse il più sorprendente è quello legato al trasporto. Un fondo piatto in lamiera di rame diventerebbe concavo all’esterno dopo pochi trasporti sul capo (“ ‘ncape ”) a causa della pressione concentrata nella zona centrale. Questa deformazione aumenterebbe la sollecitazione meccanica sui bordi con conseguenti maggiori rischi di rottura. Alla fine si avrebbe anche una significativa riduzione nella capacità del recipiente a parità di materiale impiegato e quindi di costo.
La bombatura del fondo con bordi arrotondati presenta poi alcuni vantaggi ulteriori che ad un primo esame potrebbero sfuggire. Citiamo, ad esempio, il fatto che la conca risulta più agevolmente inclinabile per facilitare la raccolta dell’acqua sul fondo “ ‘nchi lu manire ”. Aggiungiamo poi che il recipiente risulta più stabile quando lo si appoggia sulle traversine predisposte nelle fontane.
Per completare l’esame morfologico della conca resta da dire che i due ampi manici consentono di portare il recipiente sul capo senza sforzi eccessivi perché le fontane classiche presentano un piano di appoggio all’incirca all’altezza della vita.
Alla tradizione delle donne che da piccole avevano il compito di andare a prelevare l’acqua alla fonte o al pozzo è legato un significativo aneddoto, per altro abbastanza noto.
Alcuni viaggiatori dei secoli appena trascorsi annotarono con ammirazione il portamento delle donne abruzzesi, con un incedere che le faceva assomigliare a regine. La spiegazione era proprio l’abitudine al trasporto della conca sul capo che richiedeva postura eretta e un particolare ancheggiamento per evitare sobbalzi! La stessa tecnica delle modelle quando sfilano.
Per concludere questa disamina è il caso di spendere qualche parola sul metodo usato per stabilizzare la conca con il suo fondo bombato. Il problema dell’appoggio si pone durante il trasporto e nella collocazione in casa. A tal fine si usa il cercine che è un dispositivo a forma di ciambella realizzato con materiale vegetale intrecciato oppure per la testa, specie dalle nostre parti, con uno strofinaccio arrotolato. È il caso di aggiungere una curiosità lessicale del nostro dialetto.
In molte zone del territorio abruzzese esistono i termini “spare” (femminile) e “sparune” o “sparone” (maschile) per indicare uno strofinaccio rispettivamente di piccole e grandi dimensioni. Gli stessi termini sono stati estesi ai cercini per il capo e per un ripiano d’appoggio perché normalmente si usavano gli strofinacci in entrambi i casi.
A Guardiagrele e nelle zone circostanti per indicare gli strofinacci si usano termini diversi (mappine, mantricchje e mantricchjune) e allora “spare” e “sparune” sono usati esclusivamente per definire i cercini.
Ultimo aggiornamento ( 02 Agosto 2019)