Siamo alla vigilia della festa del santo patrono, san Donato v.m., e al primo segno di cambiamento di tempo al brutto noi guardiesi saremo inesorabilmente investiti dall’antico ed esausto adagio: “A san Dunate ...” ecc. ecc..
In tanti però hanno giocato d’anticipo e, come negli scorsi anni, sono sorti problemi sulla forma corretta del proverbio. Chiariamo subito che non esiste una forma corretta perché il proverbio ognuno può esprimerlo come vuole secondo la forma dialettale che si utilizza; nel Comune di Guardiagrele, infatti, ce ne sono tante in relazione alla zona di origine e al ceto sociale e culturale. Ci sentiamo solo di raccomandare a chi lo scrive almeno l’uso di una forma ortograficamente accettabile.
Se vogliamo, allora, cercare una forma definibile come la più guardiese è necessario eseguire una piccola forzatura e fare riferimento a come il proverbio è (o dovrebbe essere) espresso dal ceto medio del centro storico. Ci riferiamo all’abitato entro le antiche mura che tradizionalmente è la Guardiagrele per antonomasia (molti sanno che già nella zona dei Cappuccini si usa dire “arisaje a la Guardie”). Passiamo, quindi, a vedere questi dubbi.
Le incertezze riguardanti l’espressione del proverbio sono ben tre. La prima, la più importante e coinvolgente, riguarda il soggetto stesso: “l’immerne” o “lu verne”? Qui ci sono pochi dubbi, la forma genuina guardiese pretende “l’immerne”. “Lu verne” è usato prevalentemente nel circondario del centro storico ed è anche riportato nel Glossario di Emidio Vitacolonna, però, solo a titolo informativo. Conoscendolo, egli stesso non avrebbe mai usato questa forma. Tuttavia, per tagliare corto, riportiamo una significativa statistica: “immerne” è usato tre volte nelle opere di Modesto Della Porta, tra cui un titolo di un componimento, “’Na serate d’immerne”; ben diciassette volte da Aldo Aimola con tre titoli e infine tre volte da Mauro Iacovella. In nessuno di questi autori, guardiesi ‘doc’, vi è traccia di “verne”!
Sul secondo dubbio relativo a cosa fa l’inverno (entra o nasce?) si potrebbe discutere all’infinito. Affidandoci alle statistiche possiamo solo affermare che nel centro storico sembra prevalere l’entrare. Se qualcuno vuole cimentarsi in un sondaggio condotto scientificamente potremmo dire una parola definitiva.
L’ultimo dubbio è piuttosto sottile e riguarda l’ausiliare da utilizzare: essere o avere (“è ‘ntrate” o “à ‘ntrate”)?
Il dialetto tradizionale richiede, di regola, l’ausiliare avere. Però...
Quando si tratta di proverbi o citazioni di una certa importanza si usa una forma espressiva più ricercata, diciamo così, per nobilitare la frase. Interviene allora l’ausiliare corrispondente nell’italiano e quindi ‘essere’. Proseguendo nella ripulitura dell’ausiliare si usa poi la versione più ricercata “è” invece di quella più canonica “jè”.
In definitiva possiamo prediligere “A san Dunate, l’immerne è ‘ntrate!” anche se la forma grammaticalmente più corretta sarebbe “A san Dunate, l’immerne à ‘ntrate!”.
Resta inteso che si deve accettare anche l’uso del verbo “nasce”, secondo una versione che potrebbe essere addirittura più fedele all’originale ma che certamente ha riscosso minore successo popolare.
Ultimo aggiornamento ( 06 Agosto 2019)