Un santo a tutti noto ma di cui pochi sanno qualcosa in più rispetto all’episodio del mantello condiviso con il povero.
A Guardiagrele, parlando di san Martino, non si pensa al santo ma al comune limitrofo di San Martino sulla Marrucina.
Eppure san Martino è un santo di primaria importanza, festeggiato in molte località italiane e straniere, specialmente in Francia. Ma era veramente francese?
Cerchiamo qui di rispondere a questa domanda e di soddisfare tante altre curiosità («Il mantello fu veramente tagliato?»; «Perché ha il patrocinio dei cornuti?»).
San Martino, ricordato come vescovo di Tours, nel centro-nord della Francia, visse nel IV secolo d.C. ed era figlio di un militare di alto grado dell’esercito romano e nacque probabilmente in una città nella zona attualmente di confine tra Austria e Ungheria. Non si sa se la sua famiglia fosse romana o barbara, tuttavia trascorse molti lunghi periodi in Italia settentrionale al seguito del padre, come militare e come eremita. Solo nell’ultimo periodo della sua vita si trasferì stabilmente nella Gallia diventando vescovo di Tours.
Non vogliamo ripercorrere la vita del santo che potrete facilmente trovare in moltissime fonti che hanno contribuito alla sua popolarità. Preferiamo ricordare i punti salienti della sua biografia per evidenziare, come nostro solito, alcune curiosità che riteniamo piuttosto interessanti.
Il nome Martino venne dato al santo perché il padre volle dedicarlo a Marte, predestinandolo alla vita militare. Il famoso episodio del mantello avvenne nel nord della Francia, ad Amiens, quando da militare poco più che quindicenne svolgeva un servizio di ronda. Ecco, tutti sappiamo che tagliò a metà il suo mantello con la spada per darlo ad un povero infreddolito, ma probabilmente non fu esattamente così. Infatti, il mantello faceva parte dell’equipaggiamento militare che doveva essere restituito al congedo. Difficile pensare a Martino che danneggia la sua «divisa». Invece bisogna considerare che la consistenza del mantello fornito dall’esercito non era tale da costituire un’efficace difesa contro il gelo del Nord-Europa. Era, quindi, consuetudine dei militari rivestire il mantello all’interno con un panno molto pesante o addirittura con pelliccia. Come militare di un certo livello, doveva trattarsi proprio di pelliccia e Martino, probabilmente, donò al povero questo caldo rivestimento interno.
Il futuro santo riuscì a congedarsi solo verso i quarant’anni (e questo rappresentava addirittura un anticipo!) per poter vivere una vita dedicata alla religione, per di più da eremita.
Si stabilì per molti anni in Liguria visitando molti luoghi del centro-nord italiano, specialmente quelli più impervi. A questo periodo può risalire la sua presenza dalle nostre parti con la leggenda del suo passaggio nelle gole di Fara che da lui hanno preso il nome.
Dopo alcuni anni si trasferì in Francia, nei pressi di Poitiers, dove era vescovo il caro amico Ilario. Qui accadde che i cristiani di Tours, dovendo scegliere il nuovo vescovo, si orientarono proprio sull’eremita Martino la cui santità era nota in tutto il territorio. C’era però un ostacolo: Martino non ne voleva sapere di abbandonare la sua vita da eremita! All’epoca questi problemi si risolvevano in maniera piuttosto sbrigativa e quindi a Martino prepararono un’imboscata e lo rapirono. La vicenda ricorda quella successiva del nostro Celestino V.
Insomma, alla fine Martino accettò la carica ma non rinunciò alla vita solitaria stabilendosi a distanza dal centro abitato. Purtuttavia non mancò minimamente ai suoi doveri, anzi, è ricordato come uno dei primi evangelizzatori delle campagne e questo non era la regola perché fino ad allora il cristianesimo era una religione «cittadina». Il fatto è all’origine della speciale devozione a lui riservata presso le aree agricole di tutta l’Europa.
Si diceva di quanto poco si sa del santo ma ancor di più non vengono riconosciuti aspetti della vita civile e religiosa che ci riconducono a san Martino. Ad esempio, il termine «cappella» deriva dalla denominazione della chiesetta che il conte palatino Ugo fece erigere in Francia per custodire la cappa del santo. Ugo fu addirittura soprannominato «Capeto» e diede vita alla monarchia francese con la sua dinastia capetingia.
Altre particolarità di san Martino sono collegate alla sua morte perché si tratta di uno dei primi santi non martiri (forse addirittura il primo!) e perché non si festeggia, come di regola per tutti i santi e beati, nella ricorrenza della morte, avvenuta l’8 novembre, bensì nel giorno dei funerali a Tours, tenutisi tre giorni dopo. Tra l’altro questa datazione ha contribuito grandemente alla sua popolarità perché corrispondeva al termine della decade di festeggiamenti per il capodanno celtico tradizionale che la Chiesa riuscì a coprire con la festività di Ognissanti all’inizio e con quella di san Martino alla fine. Questa coincidenza ha poi contribuito significativamente alla sua popolarità.
Il capodanno celtico corrispondeva all’inizio dell’anno agricolo quando tutte le attività relative alla produzione e al raccolto erano terminate. Anche l’olio e il vino nuovo erano pronti e le scorte erano ormai costituite. Prima di ricominciare con i preparativi per l’annata successiva si festeggiava per ringraziare le divinità e per accattivarsene la benevolenza nel nuovo anno. Fu così che il santo venne associato all’abbondanza. Il Finamore ricorda che quando si visitava un luogo in cui si stava producendo un genere alimentare essenziale (pane, vino, olio) o un prodotto per la casa (sapone) si doveva formulare l’augurio “Santemartine!”.
Nello stesso periodo del capodanno celtico iniziavano le scuole, si riattivavano i tribunali e i parlamenti, scadevano i contratti agrari. Sfruttando la pausa dalle attività manuali nei campi, il periodo era propizio per fiere e mercati, specialmente quello dei bovini che erano a riposo. A questo si lega la tradizione di «san Martino protettore dei cornuti»! Le altre ipotesi, per quanto suggestive, sembrano abbastanza forzate e avventurose.
Ultimo aggiornamento ( 04 Dicembre 2020)