Come mai la tradizione dei falò devozionali che hanno punteggiato per secoli il nostro territorio la sera della vigilia dell’Immacolata Concezione sono andati a cadere proprio in questa data?
È strano come una manifestazione così arcaica la si ritrovi associata a una delle solennità istituite più recentemente dalla Chiesa, l’Immacolata Concezione di Maria, fresco dogma risalente solo al XIX secolo.
Proviamo a capire cosa può essere accaduto dai tempi in cui il protagonista era il dio Sole.
Il 7 dicembre a Guardiagrele è il giorno dei «focaracci», i falò che un tempo si accendevano in tutte le contrade e in tutti i quartieri del centro cittadino. Da molti anni la tradizione è prossima all’estinzione per diversi motivi, non ultimo la scarsa voglia di impegnarsi nel farli. Con un certo ottimismo, speriamo che si torni a realizzarne almeno uno, regolarmente, tutti gli anni, per tenerne vivo almeno il ricordo.
Il significato di questa attività devozionale autenticamente popolare viene associato alla solennità dell’Immacolata Concezione alla quale introduce, anche se gli esperti la riconducono unanimemente alle tipiche manifestazioni pagane del periodo del solstizio invernale. Credibilissimo, ma forse non è a tutti chiaro come mai questa manifestazione legata al giorno del solstizio (21 dicembre) sia retrocessa al 7 e non, magari, avanzata al più prossimo e pregnante giorno della Natività di Nostro Signore.
Non abbiamo trovato dettagli su questo percorso all’indietro e allora abbiamo provato a ricostruirlo sulla base di importanti eventi storici collegabili tra loro mediante considerazioni che riteniamo ragionevoli e plausibili.
L’accensione di fuochi votivi nella notte più lunga dell’anno rappresentava una invocazione al dio Sole affinché tornasse a beneficiare l’umanità come di consueto (non si sa mai!); un’invocazione pagana e un rito esorcistico slegato da una sequenza calendariale ma definito sulla base di riferimenti puramente astronomici.
Il Cristianesimo, non appena affermatosi, si impegnò fortemente nel reprimere questo tipo di manifestazioni e utilizzò spesso il metodo della sovrapposizione al fine di reprimerle. La collocazione della festività del Natale rispondeva a questa esigenza ma non riuscì completamente in questo intento a causa dell’uso del calendario giuliano, in vigore fino alla riforma del 1582. La riforma venne introdotta sostanzialmente per eliminare i problemi nella determinazione della data mobile della Pasqua di Nostro Signore. L’errore crescente del calendario giuliano rispetto ai riferimenti astronomici non era più accettabile. Il Natale, avendo il giorno fisso al 25 dicembre non creava difficoltà. Ma c’era un fatto di cui i riformatori, comprensibilmente, non tennero conto.
I riti dei fuochi solstiziali, non completamente assimilati nella tradizione cristiana, continuarono a seguire il riferimento astronomico e, all’epoca della riforma, erano retrocessi di ben dieci giorni!
Nel frattempo, nel corso dei secoli dell’Era Cristiana ebbero origine due riferimenti religiosi ai quali il giorno del solstizio andava ad avvicinarsi sempre più.
Il più antico riguardava la nascita della Vergine Maria che dalla Chiesa d’Oriente cominciò ad essere celebrata anche in Occidente. La data corrispondeva all’8 settembre, quella dell’inizio dell’anno ecclesiastico in Oriente.
Alcuni secoli dopo, in aggiunta alla data della nascita cominciò a diffondersi in Occidente la celebrazione dell’Immacolata Concezione di Maria. Come per l’Annunciazione rispetto al Natale, si applicò la retrodatazione di nove mesi ricadendo quindi all’8 dicembre. Questa data non ebbe per molti secoli un riconoscimento ufficiale della Chiesa in quanto non erano risolte le controversie circa il concepimento immacolato.
Verso la fine del XIII secolo avvenne un fatto clamoroso per i Cristiani, specialmente per quelli dell’area peninsulare italiana: la traslazione a Loreto della casa natale della Vergine. La data in cui si ricorda ancora l’evento è il 10 dicembre, all’epoca distante solo un paio di giorni dal solstizio. Col chiaro favore delle gerarchie cattoliche la ricorrenza lauretana attrasse i riti del fuoco e tuttora, nelle Marche e in altre zone dell’Italia Centro-Meridionale, si accendono «focaracci» la sera precedente il 10 dicembre.
Per i territori più restii allo spostamento di data, a metà del secondo millennio accadde un fatto fondamentale per tutta la Cristianità: per passi successivi a partire al XV secolo, con il Concilio di Trento (1556), la Chiesa di Roma riconobbe a Maria di Nazareth la sua Immacolata Concezione (anche se per l’istituzione del relativo dogma fu necessario attendere il 1854).
Il riconoscimento dell’Immacolata Concezione di Maria, evento di notevole significato religioso per tutto il mondo cattolico, sconfisse le ultime resistenze e, come avvenne a Guardiagrele, i riti propiziatori del solstizio fecero un ulteriore passo all’indietro per collocarsi in corrispondenza del giorno in cui si ricorda la Vergine nella sua Immacolata Concezione.
Pochissimi anni dopo, e precisamente il 4 ottobre 1582, arrivò finalmente la riforma del calendario che stabilizzò il solstizio d’inverno fissandolo al 21 dicembre. Lo spostamento di dieci giorni aggiuntivi azzerò qualsiasi resistenza residua perché chi avesse seguito la nuova data avrebbe dimostrato chiaramente propensioni pagane di «dura cervice», incorrendo nelle ire dei rappresentanti ecclesiali e di tutta la comunità cristiana.
Per completare la ricostruzione, è necessario precisare che l’accensione alla sera della vigilia, sia per l’Immacolata Concezione che per la Vergine di Loreto, dipende dal fatto che all’epoca di cui si è detto, la giornata di calendario partiva ancora all’ora del tramonto e quindi i falò della sera di vigilia risplendevano in effetti all’inizio del giorno stesso della festa.
Ultimo aggiornamento ( 07 Dicembre 2022)