Ancora oggi viene spesso ricordato questo animale quasi mitico.
C’è chi lancia lo scherzoso anatema: «Puzza fa’ bu-bu!» aggiungendo la specificazione «… gni lu cane di lu Bummare!» e chi risponde ad una richiesta di informazioni su di un oggetto smarrito con un sardonico: «Le purtave ‘mmucche lu cane di lu Bummare!».
Queste espressioni scherzose e irridenti trovano sempre meno persone capaci di apprezzarne a pieno il contenuto umoristico perché il ricordo di questo animale proverbiale sta scomparendo. Cerchiamo di recuperarne la memoria richiamando quello che accadeva negli anni ’60, epoca in cui l’animale era ben noto e temuto da tutti i guardiesi.
Il cane era un massiccio bracco italiano che soggiornava stabilmente in largo Santa Chiara, quello che ora ufficialmente è denominato largo Pignatari. Era ormai a riposo dopo gli anni trascorsi ad accompagnare a caccia lu Bummare, personaggio all’epoca scomparso ma la cui memoria era perpetuata dalla “Cantina” all’angolo con il corso.
La permanenza di questa figura animale nell’immaginario della comunità guadiese è stata anche accentuata dal fatto che due animali della stessa razza (e dallo stesso carattere!) si sono susseguiti in questo presidio della piazzetta. Ad entrambi lu Bummare aveva dato il nome di Zorro.
L’animale si compiaceva di vivere in quel vivace microcosmo guardiese del largo Santa Chiara, uno dei punti nevralgici per la vita cittadina. In quel luogo vivevano e operavano numerose famiglie di artigiani, appartenenti quindi a quel settore produttivo che ha dato rinomanza alla nostra cittadina.
La più importante per numero e vivacità era la famiglia Di Pretoro (li Cardille) che in alcuni locali producevano industrialmente calzature, principalmente pianelle e pantòfele. C’era poi la famiglia Belfiglio con i fratelli Fiorentino e Raffaele che discretamente, nella loro piccola bottega, le calzature le riparavano o le fabbricavano a mano. Di fronte all’attuale cinema teatro Garden, allora sito diroccato, viveva e lavorava la famiglia di Peppino (mastre Peppe) Garzarella, già fabbricante di tini poi dedicatosi alla falegnameria.
All’uscita verso la Villa Comunale o, meglio, verso l’attuale largo Belvedere, c’era la famiglia di Rocco Tinari (ovvero Rocche di Uscirone), curatore dei giardini pubblici e fiorista, mitico personaggio di cui sarà necessario tornare in altra occasione. All’angolo opposto di quel passaggio, in un fabbricato fatiscente, colpiva la curiosa bottega di un fabbricante di giocattoli in legno. Ancora più curioso era l’artigiano che vi lavorava: l’esuberante Ciaccione, artigiano e filosofo, unico esponente di una dottrina da lui battezzata, ovviamente, “ciaccionismo”.
La presenza di queste attività produttive e di numerose famiglie sommata all’intenso traffico pedonale tra il Corso e la Villa spesso rendeva Santa Chjare molto simile ad un caravanserraglio. Ma capitava anche che, alla controra o nelle giornate particolarmente fredde o assolate, regnasse una calma assoluta.
Ebbene, in tutte queste situazioni lu cane di lu Bummare garantiva la sua presenza con giri di controllo o stando sdraiato. Vederlo mentre ruscicave l’usse che gli venivano gettati da la Cantine o dalla vicina macelleria di Niculine (anche lui di lu Bummare) ti faceva capire cosa poteva capitare ad un tuo braccio o ad una tua gamba in caso di dissapori.
Tutta la cittadinanza che non risiedeva in quel luogo ne era intimidita e moltissimi preferivano girare al largo per evitare di incontrarlo. Se non gli andavi a genio per qualche motivo, non c’era verso di riuscire a passare, neanche di soppiatto nella convinzione che stesse dormendo.
In un attimo te lo ritrovavi davanti e non era piacevole vedersi davanti il suo muso mentre, piantato sulle quattro zampe, ti abbaiava minacciosamente in faccia! In tutta franchezza era veramente impressionante: sguardo fisso e penetrante, mascelle poderose e bava gocciolante! Da restare pietrificati.
Ecco, immaginate questa scena e poi vi potete rendere conto dell’effetto comico della risposta che dicevamo all’inizio. A chi banalmente cerca qualcosa: «A Fra’, sci viste la ranarelle?» sentire rispondere «Scine, le purtave ‘mmucche lu cane di lu Bummare!» ti richiama alla mente quella situazione e il ricordo ha effetti umoristici immediati. Sarebbe stato proprio da vedere un tentativo di reimpossessarsi di un oggetto stretto tra i denti di quell’animale!
Ultimo aggiornamento ( 22 Gennaio 2016)