Chissà se accade ancora a qualcuno di ascoltare, come avvenne a me da ragazzo, un dialogo in cui da una parte ci si chiedeva come mai due persone di diverso ceto sociale, e certamente non imparentate, mostravano, invece, una sorprendente familiarità e dall'altra si rispondeva: "Eh, ci passe lu sangiuvanne!". Pochissimi ormai usano il termine "sangiuvanne" e probabilmente non saranno in tanti ad intenderne il significato. Allora proviamo a dare qualche informazione a riguardo. È bene precisare che il "sangiuvanne" era spesso usato per indicare un rapporto di "comparatico" (cumparanze) di qualsiasi tipo, anche se, in realtà, ne definisce uno molto particolare. Oggigiorno si sente ancora parlare di comare (cummare) e compare (cumpare) e, a parte gli usi scherzosi o eufemistici, ci si riferisce a rapporti tra figliocci e padrini o madrine di battesimo o cresima oppure a quello di coniugi con i testimoni di nozze (cumpare di battezze, di crèseme o d'anelle). Da molti lustri non s'instaurano più rapporti di comparatico in occasione della prima comunione. Probabilmente il destino che accomuna questo comparatico al sangiuvanne vero e proprio deriva dal fatto che, per entrambi, non si seguivano canali «ufficiali» trattandosi di un impegno privato, benché sacralizzato. Peccato. Ma andiamo per ordine. Si ritiene che, per fedeltà all'etimo, i titoli di "compare" e "comare", riconducibili a "chi affianca il padre o la madre", corrispondono a "padrino" e "madrina", no ai figliocci. In questo caso stiamo parlando di rapporti derivanti dai sacramenti di battesimo o cresima (chi vuole la chiami "confermazione"). L'appellativo reciproco di "compare" o "comare" tra persone della stessa generazione riguarda, invece, i "compari d'anello", un rapporto costituito tra gli sposi e i testimoni di nozze. In questo caso si può pensare a un'etimologia leggermente diversa, quella che si rifà a "chi ha la stessa madre o lo stesso padre", come accade nello spagnolo in cui "compadre" ha anche il significato esteso di "amico fraterno". Ecco, in tutti questi casi il comparatico è ufficializzato attraverso un evento sacramentale. Eppure in passato c’erano tantissimi compari che non lo erano per sacramento ma si sentivano uniti con un vincolo ancora più impegnativo perché affidato in piena consapevolezza a san Giovanni Battista. È importante menzionare il requisito della consapevolezza perché in molti degli altri casi il compare o la comare erano indicati dai famigliari. Nella “comparanza” di san Giovanni la scelta era responsabilità reciproca e assoluta dei compari. Non è certo il motivo per il quale si sia fatto ricorso a san Giovanni Battista quale garante dell’istituto ma esistono alcuni aspetti che riconducono inequivocabilmente al santo. Addirittura si pensa ad un’origine pagana in cui interveniva un giuramento in occasione del solstizio d’estate. Nell’era cristiana il riferimento è passato alla ricorrenza della Natività di San Giovanni Battista (24 giugno) che cade in quel periodo. Tuttavia, il legame con il santo trova anche radici in tradizioni popolari. Ad esempio, in molte zone d'Italia si usa l'espressione "San Giovanni non vuole inganni", specie a Milano (San Giuan fa minga ingan!) pur se l'espressione ha origini medievali fiorentine. Infatti, il fiorino, all'epoca principale moneta di scambio europea, recava l'immagine del giglio sul dritto e di San Giovanni, patrono di Firenze, sul verso. Si dice che la figura del santo aveva anche scopo deterrente contro i falsari a causa del ben noto "caratteraccio" che la tradizione attribuisce al santo «precursore». A questo santo fumantino non era proprio il caso di recare offesa! È comprensibile, quindi, che per secoli sia rimasta la consuetudine di giurarsi fedeltà nel giorno di san Giovanni attraverso lo scambio di un mazzolino di fiori, richiamo alle due facce della moneta, il fiore e il santo. Accadeva così che nel giorno della ricorrenza gli innamorati si giurassero amore eterno, come per altro fanno con tenera sfrontatezza anche nel resto dell'anno… Ma il giorno di san Giovanni era principalmente dedicato alla sacralizzazione delle cumparanze, affidando al santo il compito di punire duramente chi avesse osato venir meno all'impegno. Il comparatico, in effetti, realizza un legame inscindibile, perché sacralizzato, che va oltre la sincera amicizia, oltre il legame di sangue, per arrivare a costituire anche un'alleanza tra famiglie. Nella cerimonia tradizionale del sangiuvanne il richiedente consegna un mazzo di fiori al prescelto il quale ha alcuni giorni per decidere sulla proposta. Questo primo passo è molto importante e richiede un'accurata valutazione preventiva perché l'eventuale rifiuto rappresenterebbe un affronto inaccettabile con un risultato opposto alle aspettative. L'accettazione della richiesta viene poi confermata con un altro mazzo di fiori ritornato al richiedente per la festività di san Pietro (29 giugno). A Guardiagrele però la tradizione vuole che la proposta del giorno di San Giovanni venga accompagnata dall’offerta di un «ramaglietto» (ramajitte) costituito da un rametto d’olivo intrecciato con fiori e nastri. Per il riscontro, che avviene mediante un mazzolino di fiori di campo, si deve attendere la ricorrenza della Madonna delle Grazie (2 luglio), festività popolare sempre particolarmente sentita nella nostra città. Si racconta che nei tempi andati, nel giorno di San Giovanni, potevano anche essere istituite comparanze più informali tra ragazze che, spesso all'insaputa delle famiglie, si scambiavano mazzolini di fiori impegnandosi in un'amicizia indissolubile. Un'eco di questa cerimonia si poteva riscontrare nel comparatico che si costituiva in occasione di una prima comunione. Il padrino o la madrina asportava un mazzolino di fiori, anche simbolico, posto all'occhiello della giacca per i maschietti o nella coroncina tra i capelli delle femminucce. Possiamo dire, quindi, che nella tradizione è presente il «comparatico sacramentale» (quello istituito in occasione di sacramenti previsti dalla Chiesa) e il «comparatico extra-sacramentale» che, per la particolarità del rituale, lega due compari (o comari) cosiddetti “di fiore” (o “a fiure”) in un vincolo a suo modo «consacrato».
Ultimo aggiornamento ( 25 Aprile 2020)