"La Cucina della Maiella" e gli abusi del Parco
Uno degli eventi più importanti di questa estate guardiese resta, a nostro avviso, la pubblicazione del libro "La Cucina della Maiella" che vede come co-autore Gino Primavera. La semplice associazione del suo nome alle parole "Cucina" e "Maiella" garantisce sulla qualità dell'opera e quindi più che volentieri abbiamo raccolto l'invito a partecipare alla presentazione avvenuta il 13 agosto scorso.
La manifestazione si è svolta al palazzo dell'Artigianato e, come ci riferisce il nostro rappresentante Giansante lu Cantinire, alla presenza di una folta e attenta cornice di pubblico (come direbbero quelli che parlano bene).
Non è stato semplice per Giansante procurarsi una copia del volume - pagando regolarmente! - perché quelle poche disponibili sono andate vie in un attimo. Ora l'opera fa bella mostra di sé su un tavolo della nostra Cantine e nelle scorse settimane ci siamo tutti avventurati nell'interessante lettura.
Non può sembrare strano, quindi, che durante una delle consuete chiacchierate tra noi sodali il discorso sia subito caduto sul libro e sia venuto fuori un curioso "abuso" dell'Ente Parco territoriale. Per carità, nulla di penalmente rilevante. Solo faccende ortografiche su cui ci piace discutere e sulle quali è competente l'insindacabile tribunale del buon senso. Andiamo per ordine.
Eravamo alla Cantine e ci stavamo deliziando con delle spolettine (i biscotti nostrani simili ai ben noti cantucci) che intingevamo voluttuosamente in un ottimo marsala. Dopo un po', ma prima che l'alcol cominciasse a mostrare i suoi effetti, si è parlato diffusamente del libro evidenziandone le parti più interessanti e curiose. In particolare, Giansante, ad un certo punto, ha posto l'interrogativo:
«Ma 'gnà va che nin si parle di brasciole e di pallotte casce e ove?».
Ho provato a rispondere dicendo:
«Ti sbagli, Giansante, di pallotte si parla ma forse poco rispetto all'importanza della pietanza. Secondo me, meritava un capitolo a sé stante solo per descriverne tutte le varianti, peraltro tutte squisite. Riguardo alle brasciole anch'io non ho trovato nulla. Ritengo che il motivo stia nel fatto che il libro fa riferimento al territorio non per illustrarne la cucina tipica, già abbondantemente celebrata in altre opere, ma per descriverne i prodotti più caratteristici con le relative preparazioni culinarie. Le brasciole non sono state probabilmente ritenute strettamente legate a ingredienti del territorio.».
La risposta è sembrata soddisfare Giansante e ha trovato anche il benevolo consenso del notaio Ferrari attraverso un cenno di capo accompagnato da un mugugno.
A quel punto ho aggiunto una riflessione personale:
«Piuttosto, sapete cosa sono andato a guardare subito? Lo immaginate? Il grano Saragolla di cui abbiamo scritto di recente sul nostro sito! Avete notato che non se ne parla?»
«Jè lu vere! Ni di rane Saravulle, ni di farine di Cappelle! Si parle di rane tènere che, pirò, si use a la case e no' pi fà' la paste di la Majelle!» ha aggiunto Giansante.
Da parte mia ho precisato che, comunque, non è con le farine Saragolla o Senatore Cappelli che i nostri pastifici producono le nostre specialità, tuttavia un accenno ai grani duri potevamo aspettarcelo, se non altro per motivi storici. Resteremo ancora con la curiosità insoddisfatta.
Dopo il primo giro di marsala e spolette ha ripreso la parola Giansante rivolgendosi al notaio Ferrari, fino ad allora rimasto piuttosto taciturno:
«Ma, donn'Arnà', chi ni pinse di li parole 'n dialette che ce ànne messe dentre?»
Il notaio ha alzato gli occhi verso Giansante mentre teneva una spoletta intinta nel bicchierino:
«Cosa ti puoi aspettare dopo quello che hanno combinato con il menù del Pranzo di Nozze dell'Artigiano?»
Argomento particolarmente delicato per la sensibilità del nostro notaio. Avevamo provato ad evitargli travasi di bile tenendolo all'oscuro del fatto ma, evidentemente, qualcun'altro è andato a riferire la faccenda del menù e quindi inutilmente abbiamo cercato di far cadere l'argomento. Il nostro amico ha subito ripreso seppur masticando la spoletta ben imbibita:
«Voi però non sapete l'ultima!» e, dopo un attimo di pausa per controllare se eravamo attenti, ha proseguito:
«Avete letto la nota sulla grafia "Maiella" all'inizio del libro? Guardate!» e ci ha spiattellato il libro aperto in faccia.
«Si dice che l'illustre professor Sabatini ha "sentenziato" che il nome della nostra montagna va scritto semplicemente "Maiella" e su questo figuriamoci se il nostro professore non ha ragione! È quello che ho sempre sostenuto per rafforzare il concetto che la i lunga è invece essenziale nella scrittura del dialetto. Proprio nel caso specifico, in dialetto si deve scrivere "Majelle" con la i lunga.
«Detto questo, capisco pure la necessità di dichiarare nella nota che si è usata la grafia "Majella", con la i lunga, quando si parla del Parco perché nella denominazione dell'Ente così è stato fatto. A voi risulta questo? A me no!
«Le leggi e i decreti che hanno istituito il Parco e l'Ente Parco non hanno mai utilizzato la i lunga! A questo "gancetto grafico" è stato solo appeso il logo del Parco. L'Ente poi, in difformità dalla sua denominazione ufficiale, lo ha impiegato in modo diffuso fino a creare confusione. Ma l'Ente, meno male per noi, non ha l'autorità per ufficializzare questo abuso. Il Parco e l'Ente Parco, restano come in origine con la denominazione "Maiella" scritta con la i normale!
«È come per il "Venerdì" di Repubblica: la testata per motivi grafici è stata per molti anni scritta priva di accento. Accadeva che nelle citazioni molti insistessero a scrivere "Venerdi" per semplice sciatteria ortografica. Per fortuna che da qualche anno la testata è stata rinnovata con il recupero dell'accento e ogni dubbio è stato eliminato. Spero che, prima o poi, anche l'Ente Parco si renda conto dell'inutile confusione che ha provocato.».
Il notaio Ferrari era arrabbiato ma Giansante ed io ci siamo guardati rassegnati quasi a dire "Siamo alle solite!".
Ad ogni modo, il giorno successivo la mia pedanteria mi ha indotto a controllare i riferimenti dell'amico notaio:
- con la legge 6 dicembre 1991, n. 394,all'art. 34. (Istituzione di parchi e aree di reperimento) si istituisce il parco nazionale "Maiella";
- con il D.P.R. 5 giugno 1995 si decreta "È istituito l'Ente parco nazionale della Maiella".
Non ci sono dubbi: Il "Parco della Majella" è "il Parco della Maiella", nonostante quello che continuano a scrivere i buontemponi dell'Ente Parco. Con la "j" hanno giocato un brutto scherzo anche agli autori del libro.
Tornando, per concludere, a "La cucina della Maiella" e al di là delle ricorrenti ire del notaio Ferrari, ringraziamo gli autori del libro per averci regalato quest'opera che continuerà a far bella mostra di sé nella nostra Cantine, luogo di custodia storicamente appropriato per l'argomento trattato. E guai a chi ce la tocca (aggiungo, con il compiacimento del notaio Ferrari: "Pe la Majelle!").
Ultimo aggiornamento ( 25 Luglio 2017)