Vaccile, vaccilitte e vazzije
«Anna, quanto manca per la pasta?».
Al marito che intratteneva gli ospiti in sala da pranzo, Anna prontamente rispose curando di esprimersi in buon italiano:
«È pronto, Gianni. Già condita dentro il... il...» e dopo qualche attimo di ulteriore esitazione «dentro il vaccile!».
Gianni sentì un brivido corrergli per la schiena e cercò immediatamente di recuperare la gaffe della moglie nei confronti dei suoi ospiti settentrionali:
«"Il vaccile"! Mia moglie si diverte spesso scherzando con le italianizzazioni curiose!».
Gli ospiti sorrisero con accondiscendenza fingendo di aver capito ma, in realtà, non avevano idea su cosa fosse quello strano recipiente per la pasta. Lo videro due minuti dopo nelle mani di Anna e, con un sorriso, l'ospite di riguardo esclamò: «Ah, il vaccile!». E nessuno tornò più sull'argomento in quell'occasione.
Dopo il congedo degli ospiti si accese una discussione tra Gianni e Anna, con Gianni che rimproverava la consorte per la sua goffa espressione. Anna, però, aveva gioco facile nel giustificarsi affermando di non aver trovato il nome italiano di lu vaccile e sfidando il marito a trovarlo lui. Discussione, come accade spesso, inutile e, diciamolo subito, Anna non aveva tutti i torti.
Ogni buon guardiese conosce lu vaccile e sa che ne esistono di due tipi: quello per l'igiene personale, spesso identificato come "lu vaccile pi lavàrese la facce", e quello per la cucina, "lu vaccile pi lu magnà'".
Una volta entrambi i tipi di vaccile erano diffusissimi. Quando l'igiene personale si coltivava in locali diversi da quelli per le funzioni corporali, c'erano i lavandini mobili costituiti da una struttura metallica che sosteneva un catino e una brocca sottostante. Se ne potevano avere più d'uno in casa: in camera da letto, in un angolo della cucina o in prossimità del gabinetto.
In questi casi parliamo di "catini" o "bacinelle". Questa seconda denominazione ha riferimento etimologico comune a vaccile perché entrambi sono riconducibili a "bacile", termine introdotto in epoca medievale proprio per indicare un recipiente concavo per contenere l'acqua con cui lavarsi.
Ma per lu vaccile da cucina come la mettiamo? Come poteva la malcapitata Anna dichiarare che i suoi succulenti maccheroni alla chitarra erano stati conditi dentro un catino o in una bacinella?
Certo, lì per lì aveva provato a cercare qualche termine adeguato ma "zuppiera" o "insalatiera" le sembravano, giustamente, fuori luogo. Aveva deciso, quindi, di avventurarsi nel neologismo "vaccile", per certi aspetti anche condivisibile.
L'inesistenza di un corrispondente nome in italiano deriva dal fatto che le tradizioni culinarie estranee all'Abruzzo e alle regioni meridionali italiane non prevedono l'uso del vaccile. Ci sono le zuppiere, ci sono le insalatiere, recipienti simili, a volte, per forma ma destinati chiaramente ad usi diversi. La pasta viene condita direttamente in pentola o in padella e poi portata in tavola direttamente nei piatti. A volte capita di dover fare la distribuzione in tavola e allora si usano i vassoi di portata ma la festosità dell'arrivo in tavola del vaccile con il suo succulento contenuto è tutta un'altra cosa! Ricordate la scena del film "Miseria e nobiltà" con l'incommensurabile Totò costretto a dissimulare la fame con un buffo balletto sulla tavola, intorno a nu vaccile colmo di spaghetti?
Ai più giovani diciamo che questo tipo di recipiente è particolarmente utile nella preparazione di tutte quelle pietanze che richiedono il mescolamento finale. Si pensi a pizze e fuje che necessitano di un energico seppur breve mescolamento ('mbrascate) tra verdure, focaccia di granturco, patate, peperoni arrostiti ecc.. Eseguita l'operazione, lu vaccile viene portato orgogliosamente a tavola con il suo fumante e prelibato contenuto.
Ovviamente gli usi di lu vaccile da cucina sono tantissimi, non escluso quello di catino per lavare le stoviglie.
In funzione, poi, degli usi previsti e del numero di familiari, in casa se ne possono trovare di varie dimensioni. Ci sono quelli grandi con diametro di quasi mezzo metro e quelli più piccoli, chiamati vaccilitte, da usare per quantitativi inferiori come, ad esempio, per i contorni. Anticamente esistevano pure vaccilitte così piccoli che si usavano come ciotole per minestra. Molti ricorderanno che i nostri vecchi usavano chiamare vaccilitte anche i comuni piatti fondi introdotti in seguito.
A questo punto si deve far entrare in scena la vazzije. I più giovani avranno sentito questo termine all'interno di espressioni gergali ma non pensiamo abbiano avuto occasione di vederne una. Dal contesto delle citazioni avranno potuto intuire che dovrebbe trattarsi di un recipiente di portata per vivande. Intuizione effettivamente corretta.
La vazzije era l'antico recipiente che si usava come vaccile da cucina, vaso di preparazione e di portata delle pietanze. Ovviamente, anche essa nelle famiglie più povere rappresentava il contenitore comunitario di cibo da cui si attingeva direttamente.
Nei tempi andati, quindi, sussisteva una precisa differenza tra il recipiente per l'igiene personale e quello per gli usi di cucina. C'erano, quindi, lu vaccile e la vazzije, differenti per uso, forma, denominazione ed etimologia. Dell'origine del nome vaccile abbiamo già detto, per il secondo si pensa a una derivazione da "vas", latino di vaso o stoviglia, forse attraverso lo spagnolo "vasija".
Rispetto a lu vaccile da cucina che tutti conosciamo, la vazzije aveva solitamente una forma più tondeggiante, mentre li vaccile potevano anche avere un ampio fondo piatto. Ma la caratteristica distintiva più evidente nella vazzije era un bordo orizzontale di qualche centimetro lungo tutta la sua circonferenza. Il bordo facilitava la presa e il trasporto quando il cibo era molto caldo.
I ceramisti di Rapino ne producevano in quantità, anche con elaborate decorazioni per le tavole più signorili.
Purtroppo le vazzije sono scomparse da molti decenni e sono state sostituite da li vaccile.
La loro scomparsa è attribuita a fattori di ordine economico. Le vazzije costavano di più e duravano molto meno proprio a causa della presenza del bordo, facile a scheggiarsi come accade normalmente ai piatti.
Ritornando alla vicenda della nostra brava Anna, dobbiamo dire che, a nostro avviso, sarebbe opportuno ritornare a definire "vaccile" solo il recipiente per l'igiene personale (catino o bacinella) utilizzando la denominazione "vazzije" per il recipiente da cucina, indipendentemente dalle forme e dimensioni attualmente in uso. Di questo termine possiamo coniare un corrispondente vocabolo italiano che suggeriamo come "vazzìa". Allora, la risposta di Anna: «È pronto, Gianni. Già condita dentro la vazzìa!» avrebbe dato modo al marito di esibirsi nella descrizione di questo recipiente tipico della cucina tradizionale guardiese.
Una curiosità conclusiva che dobbiamo ad una sollecitazione del nostro esimio Gino Primavera.
Delle antiche calzature dei contadini delle nostre parti esistevano quelle definite "chjochje di vaccile" realizzate con pelle di vacca. Riteniamo che non ci siano relazioni con i bagni cui veniva sottoposto il pellame prima della lavorazione. Infatti, per le quantità di materiale da trattare non erano sufficienti catini o bacinelle (vaccile) ma si ricorreva a pischire, come Gino ci racconta. Più probabilmente si tratta di "chjochje di pelle vaccina" ovvero, in dialetto, "chjochje di pella vaccine". Il popolo ha trasformato vaccine nel più familiare vaccile e poi semplificato la definizione in "chjochje di vaccile" sulla falsariga di "chjochje di vacchette", calzature realizzate con pellame più pregiato.
Ultimo aggiornamento ( 31 Ottobre 2014)